Estero

Sale il numero dei morti nella crisi venezuelana. 218 arresti.

Altre nove persone sarebbero rimaste uccise nelle proteste antigovernative che hanno proclamato presidente Guaidò.

Keystone
24 gennaio 2019
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Sono 9 le persone morte in Venezuela nella repressione delle proteste antigovernative svoltesi ieri in vari punti del Paese sudamericano, secondo un primo bilancio su Twitter dalla corrispondente locale di El Pais. Secondo informazioni raccolte, i 9 sono morti negli stati di Barinas, Bolívar, Amazonas, Tachira e a Caracas, dopo che il presidente dell'Assemblea Nazionale, Juan Guaidò, ha assunto le funzioni dell'Esecutivo durante un meeting dell'opposizione. Il giorno precedente sono rimaste uccise 5 persone.

Intanto il presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidó, ha chiesto alle missioni diplomatiche presenti a Caracas di restare nel paese sudamericano. Il leader del governo Nicolas Maduro chiama invece alla mobilitazione. "In virtù dei poteri conferitimi dalla Costituzione, comunico a tutti i capi delle missioni diplomatiche e al loro personale accreditato in Venezuela che lo stato venezuelano desidera fortemente mantenere la loro presenza diplomatica nel nostro paese", ha detto ieri sera Guaidó attraverso una nota pubblicata su Twitter. Il comunicato arriva in risposta all'ultimatum dato agli Usa dal leader del governo, Nicolas Maduro, che ieri ha concesso 72 ore ai diplomatici americani perché lascino il Paese. "Qualsiasi disposizione contraria sarebbe invalida, dal momento che verrebbe da persone o entità che, a causa della loro natura usurpativa, non hanno l'autorità legittima a decidere sulla questione", conclude il testo di Guaidò.

Il popolo "agguerrito e combattente" rimanga in allerta, pronto alla mobilitazione per difendere la patria. Ha scritto ieri su Twitter Maduro dopo l'autoproclamazione del leader dell'opposizione. "Nessun colpo di stato, nessun interventismo - conclude Maduro - il Venezuela vuole la pace". Sempre sullo stesso social, il ministro della Difesa venezuelano, generale Vladimir Padrino Lopez, ha dichiarato che le Forze Armate del suo paese "non accettano un presidente imposto da oscuri interessi o che si è autoproclamato a margine della legge", confermando il suo appoggio a Nicolas Maduro. "La disperazione e l'intolleranza stanno aggredendo la pace della Nazione", ha sottolineato Padrino Lopez, secondo il quale "i soldati della Patria" non accettano la presidenza di Guaidò perché le Forze Armate "difendono la nostra Costituzione e sono garanti della sovranità nazionale".

Nella notte è poi arrivata anche la risposta degli Usa, che non ritireranno i propri diplomatici da Caracas, come chiesto da Nicolas Maduro, perché non lo riconoscono come legittimo presidente e quindi "non considerano che abbia l'autorità legale per rompere le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti o dichiarare persona non grata i diplomatici" americani. Lo ha affermato il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, ricordando che Juan Guaido, riconosciuto come presidente ad interim, "ha invitato la nostra missione a restare in Venezuela". Gli Usa ammoniscono poi l'esercito e le forze di sicurezza del Paese sudamericano "a continuare a proteggere tutti i cittadini venezuelani, come pure di quelli Usa e di altri cittadini stranieri in Venezuela". E "invitano tutte le parti ad astenersi da misure che non sono coerenti con i privilegi e le immunità di cui godono i membri della comunità diplomatica". Gli Stati Uniti, ha sottolineato il segretario di stato Mike Pompeo, "prenderanno azioni appropriate perché chiunque metta in pericolo la sicurezza della nostra missione e del nostro personale ne risponda".

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