Estero

Disertori nordcoreani vittime degli hacker

La loro vita è in pericolo dopo la fuga di notizie. Potrebbero essere ricercati ed eliminati dai servizi segreti dal regime di Kim Jong-un

((archivio Ti-Press))
28 dicembre 2018
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Una minaccia incombe su un migliaio di disertori della Corea del Nord che si sono rifugiati al di là del 38esimo parallelo: i loro nomi e indirizzi sono stati violati da un attacco hacker, che adesso potrebbe mettere in pericolo i familiari ancora in patria. Sotto il tacco del regime repressivo di Kim Jong-un. L'attacco informatico è stato scoperto la settimana scorsa dalle autorità di Seul. In particolare, un computer di un centro di reinsediamento è stato "infettato da un codice malevolo". È il primo furto di dati personali su vasta scala ai danni dei disertori nordcoreani. Il Sud ne ospita circa 32mila, che sono fuggiti dalla fine della guerra del 1950-53. La mano che indirizza gli hacker non è ancora stata scoperta, o resa nota, e Seul comunque non ha puntato il dito su Pyongyang. Ma il sospetto è lecito. Secondo analisti di cyber-guerra sudcoreani, esiste un gruppo di hacker del Nord che punta i disertori e già aveva tentato di colpire un centro di reinsediamento l'anno scorso. Allo stesso tempo, esperti di sicurezza informatica hanno messo in guardia dalla crescente livello di competenze dei 'pirati' di oltreconfine. Ne è prova che gli Usa avevano accusato un nordcoreano di essere coinvolto nella creazione del software dannoso utilizzato per paralizzare il servizio sanitario nazionale britannico. L'incidente, avvenuto l'anno scorso, aveva costretto i dipendenti a lavorare con carta e penna, perché erano stati esclusi dai sistemi informatici. Inoltre, uno degli hacker di più alto profilo legato alla Corea del Nord negli ultimi anni ha preso di mira le attività della Sony, cancellando enormi quantità di dati sensibili del colosso giapponese dell'elettronica, distribuendone altrettanti on-line. Come se non bastasse, i media nordcoreani hanno spesso minacciato i disertori di metterli a tacere nel caso avessero denigrato il regime. Il governo di Pyongyang non conosce l'identità di tutti i disertori, che in certi casi sono considerati persone scomparse, in altri registrati come morti. E l'ingente mole di dati rubati nell'attacco informatico appena scoperto potrebbe far comodo al regime per condurre rappresaglie nei confronti dei familiari dei fuggitivi. In questo piccolo e isolato paese, retto sin dalla sua nascita dalla dinastia Kim con il pugno di ferro delle dittature, la diserzione è una macchia da nascondere, perché squarcia il velo sulla condizione di povertà e oppressione che vive la popolazione. Nonostante le recenti promesse del suo giovane leader, Kim Jon-un, di una progressiva apertura al mondo, suggellate dagli abbracci e dalle strette di mano con il presidente sudcoreano Moon Jae-in, fino allo storico incontro con Donald Trump.

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