Estero

Immigrati-schiavi: Salvini non si scusa con l'Unione Africana

Il vicepremier imputa il disguido a un'incomprensione e alla ricostruzione imprecisa da parte dei media Difetti di traduzione.

Il ministro dell'Interno (foto: Keystone)
19 settembre 2018
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"Non c'è niente di cui scusarmi" con l'Unione africana "e smentisco qualsiasi equiparazione tra immigrati e schiavi, anzi, le mie dichiarazioni a Vienna erano a difesa dei migranti che qualcuno vuole usare come schiavi". Lo ha ribadito il ministro dell'Interno Matteo Salvini, nel corso di una conferenza stampa al Viminale, aggiungendo: "Se qualcuno volesse pensar male, forse c'è stato un difetto della traduzione francese".

La messa in evidenza del ministro dell'Interno, segue dopo le dichiarazioni di "sconcerto" espresse dall'Unione Africana che, in un comunicato online, ha definito l'uscita del vicepremier sprezzante, invitandolo a scusarsi. Scuse che non sono arrivate, mentre la smentita sì da parte dell'ufficio stampa di Slavini, imputando la colpa alla ricostruzione imprecisa della stampa internazionale: "Salvini non ha mai insultato gli africani, ma anzi ha censurato l'idea di farli arrivare in Europa per costringerli a lavorare e/o a vivere in condizioni così degradate da ricordare, appunto, la schiavitù. Esattamente il contrario di quanto riportato da alcuni organi di informazione stranieri"

Sal canto suo, l'Unione Africana, criticando la posizione del vice premier e ministro dell'Interno Matteo Salvini sulla questione dei migranti, "invita l'Italia a seguire l'esempio e sostenere altri Paesi membri dell'Unione europea, come la Spagna, che hanno dato sostegno e protezione ai migranti in difficoltà, indipendentemente dalla loro origine e status legale, prima che il loro status per l'ammissione venisse determinato".

In una nota postata online, la commissione dell'organizzazione dei Paesi africani afferma inoltre che "l'emigrazione dall'Italia negli ultimi due secoli sia stata il più importante caso di migrazione di massa nella Storia moderna dell'Europa", poiché "dal 1861 al 1976 oltre 26 milioni di persone hanno lasciato il Paese" e "l'Italia ha beneficiato grandemente di questa gigantesca diaspora attraverso le rimesse e il commercio".

 

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