L'ANALISI

L'Europa tira le orecchie all'Ungheria

Avviato il procedimento disciplinare contro Orbán. Un gesto simbolico che potrebbe dividere Unione e Ppe

(Keystone)
(Botte da Orbán)
12 settembre 2018
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Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha perso una battaglia, ma la guerra è ancora lunghissima. Perché, certo, il Parlamento europeo è stato chiaro: a larga maggioranza ha approvato la procedura disciplinare contro l’Ungheria, sospettata di avere indebolito lo stato di diritto e quindi di violare i valori fondanti dell’Ue. Ma è pur vero che difficilmente questo iter - avviato secondo l’articolo 7 del Trattato di Lisbona - porterà a conseguenze concrete. Se infatti quello di ieri è stato un simbolico scatto d’orgoglio da parte del fronte liberale a Strasburgo, resta improbabile che si arrivi alla cosiddetta ‘opzione nucleare’, ovvero a privare Budapest del diritto di voto al Consiglio Ue. Tale misura richiederebbe il consenso degli altri 27 stati membri; fra questi la Polonia, pronta a difendere i ‘cugini’ dopo che l’anno scorso la Commissione europea ha avviato contro di lei l’applicazione del medesimo articolo. La semplice richiesta di sanzioni richiede d’altronde l’inverosimile ‘sì’ di almeno 23 stati al Consiglio Ue, la ‘camera alta’ che riunisce i rappresentanti dei governi.

Il rischio, dunque, è che l’Unione inciampi nelle divisioni interne, dando l’ennesima dimostrazione di debolezza nei confronti di chi ha sigillato le frontiere, criminalizzato l’immigrazione clandestina, rifiutato arbitrariamente i rifugiati musulmani, chiuso università e ong critiche, imbavagliato la stampa, indebolito l’indipendenza dei giudici e allestito una virulenta campagna contro la Commissione europea (‘Stop Bruxelles’). In linea di massima, il voto di ieri ha cartografato il crepaccio fra le principali coalizioni occidentali, schierate in difesa dei ‘valori fondanti’, e governi centroeuropei più affini al sedicente ‘illiberale’ Orbán. Il quale ha incassato pure il sostegno dei leghisti italiani e dell’Ukip di Nigel Farage: Se il Viktator, nel suo intervento di martedì, aveva denunciato un processo “di ispirazione comunista”, dopo il voto Farage ha dichiarato che “la morsa autoritaria dell’Ue si fa sempre più stretta”.

Soprattutto, però, il voto di ieri esacerba le contraddizioni del Partito popolare europeo, il ‘partitone’ di centrodestra che raggruppa anime tanto diverse quanto la Cdu di Angela Merkel e l’orbaniano Fidesz. L’ala moderata del partito - imbeccata anche dal presidente francese Emmauel Macron, che aspira a guidare un ’arco progressista’ alle elezioni di maggio - vorrebbe cacciare Orbán. Ma il capogruppo Manfred Weber preferisce “mantenere il dialogo”. Weber, che in sella al Ppe aspira a diventare il prossimo presidente della Commissione, dovrà ora badare a non farsi disarcionare da una formazione sempre più imbizzarrita.

Lorenzo Erroi

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Un voto diviso

L’Ungheria ha diviso il Parlamento europeo, che oggi ha approvato la relazione Sargentini sullo stato di diritto nel Paese magiaro. Servivano 376 voti su un totale di 751 eurodeputati: dei 693 che hanno partecipato al voto si sono espressi a favore in 448, i contrari sono stati 197 mentre in 48 si sono astenuti. Ecco nel dettaglio come hanno votato i vari Gruppi in seno all’Eurocamera di Strasburgo: 

Popolari Il Partito Popolare europeo, il gruppo più numeroso, si è spaccato. La maggioranza, oltre cento eurodeputati tra cui il loro leader Manfred Weber, ha votato a favore delle sanzioni; 59 si sono espressi contro (tra cui tutti gli azzurri di Forza Italia) mentre 28 si sono astenuti. 

Socialisti & Democratici Il Gruppo dell’S&D ha votato compatto per il sì: 162 si sono espressi a favore, 5 sono stati gli astenuti, solamente 3 i contrari.

Verdi/Liberali/Gue A favore anche i Verdi (49), di cui fa parte la relatrice Judith Sargentini, i Liberali guidati da Guy Verhofstadt (59 a favore, 4 no e 2 astenuti) e il Gue/Ngl (42 eurodeputati per il sì). 

Euroscettici Solamente gli eurodeputati italiani del MoVimento 5 Stelle, in tutto 12, hanno votato a favore della relazione. Il resto del gruppo ‘Europa della Libertà e della Democrazia diretta’ (Efdd), 24 parlamentari, si è espresso contro. Uno solo si è astenuto.

Le destre A sostegno di Orbán tutto il gruppo Europa delle nazioni e delle libertà, l’Enf: 34 no. Al suo interno siede la Lega italiana. A favore di Budapest anche il gruppo dei Conservatori e riformisti Ecr. 

Ansa

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Fidesz: ‘bugie’. Socialisti: ‘Orbán al capolinea’. Jobbik nicchia

Budapest - La reazione al voto del Parlamento europeo è lo specchio dell’Ungheria, divisa al suo interno a causa della politica di Viktor Orbán. Esultano dunque opposizione e intellettuali europeisti, i quali aspettavano da tempo che Bruxelles condannasse la politica del premier di Fidesz. Si adira invece il governo. Tutto questo nella totale indifferenza della gente, disinformata e indottrinata dalla propaganda governativa, che occupa gli schermi televisivi senza un contraddittorio.

Gli analisti pro-Orbán sostengono che il rapporto approvato “contiene bugie”, è un’ingerenza illegale del fronte pro-migranti negli affari interni di uno Stato sovrano ed è stato votato in modo irregolare non contando le astensioni. “Non è utile nemmeno all’Ue, in quanto divide i Paesi membri”, sostiene Agoston Mraz, direttore di un think-tank governativo. 

L’opposizione cerca di far arrivare al paese un altro messaggio: il voto si riferiva allo stato di diritto in Ungheria e non alla politica migratoria. “Orbán è arrivato al capolinea, ormai è chiaro che l’Ungheria è governata da un partito di estrema destra e il primo ministro si presenta come il leader degli estremisti in Europa”, ha commentato il presidente socialista Bertalan Toth. Il suo partito teme conseguenze negative come un’eventuale chiusura del rubinetto dei fondi europei per Budapest. Intanto il governo bolla gli eurodeputati socialisti, che hanno votato a favore delle sanzioni, come “traditori della patria”. Ma anche secondo i liberali “la democrazia ha vinto in Europa”. 

Sul fronte opposto il piccolo partito democristiano (Kndp), alleato di Orbán: “l’Europarlamento ha rilasciato una pagella negativa su di sé”. I verdi non sanno bene dove stare: “È ingiusto sanzionare i cittadini ungheresi per le colpe del governo, abbiamo votato contro, anche se il rapporto contiene molte verità: i diritti sono violati, la sicurezza sociale è in via di degrado”, argomenta il loro portavoce. Ambiguo anche Jobbik, secondo partito del paese, alternativo a Orbán ma comunque ultraconservatore, nazionalista e avverso all’accoglienza dei migranti. 

Ansa

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