Estero

Primo sì argentino alla libertà di aborto

Con un voto storico, la Camera dei Deputati argentina ha approvato oggi la depenalizzazione dell'aborto che passa ora all'esame del Senato

14 giugno 2018
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Con un voto acclamato come storico ma ottenuto con una risicata maggioranza, la Camera dei Deputati argentina ha approvato oggi la depenalizzazione dell'aborto, che passa ora all'esame del Senato, dove tutto sembra indicare che otterrà il numero necessario di voti.

Il risultato - 129 sì e 125 no, con una sola astensione e un solo assente - è arrivato al termine di una sessione-maratona durata oltre venti ore e seguita da migliaia di dimostranti che hanno passato la notte davanti al Congresso di Buenos Aires, per manifestare a favore o contro la riforma, malgrado il freddo nella capitale argentina.

La riforma varata dalla camera bassa prevede la depenalizzazione dell'interruzione di gravidanza fino alla quattordicesima settimana di gestazione per ogni donna che la richieda, e dopo questo termine solo in caso di rischio di vita della madre o del feto, o ancora di gravidanza dovuta a uno stupro.

Il dibattito ha spaccato i principali gruppi politici rappresentati in Parlamento, che aveva lasciato ai deputati la libertà di votare secondo coscienza. La risicata maggioranza, di appena quattro voti, si spiega anzitutto con l'importante influenza della Chiesa cattolica in Argentina, specialmente nelle province (entità federali) del nord del Paese.

E infatti il responsabile per i rapporti con il Parlamento della Conferenza episcopale, monsignor Alberto Bochatey, ha detto oggi che sente "una pena molto grande" per la decisione dei deputati, perché "per la prima volta vediamo una legge democratica che promuove la morte di esseri umani".

Il dibattito parlamentare sulla legalizzazione dell'aborto è stato promosso dal presidente Mauricio Macri, malgrado si sia detto contrario personalmente alla riforma. Secondo gli analisti, la mossa di Macri ha avuto un doppio fine: garantirgli un bonus di immagine in un momento in cui la situazione economica sta mettendo in difficoltà il suo governo e assicurargli un posto nella storia delle grandi riforme del Paese, simile a quello di Raul Alfonsin e Nestor Kirchner, che promossero rispettivamente il divorzio e le nozze gay.

Il progetto di legge passa ora all'esame del Senato, dove dovrebbe arrivare non prima del prossimo agosto e dove il risultato finale dovrebbe essere molto meno incerto, giacché i capigruppo dei due principali partiti - radicali e peronisti - gli hanno già assicurato il loro appoggio.

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