Estero

Italia, domani l'incarico per formare il Governo 'neutro'

Entro domenica, o al più tardi lunedì, il giuramento del premier scelto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Ti-Press
8 maggio 2018
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Domani l’incarico per formare il Governo "neutro", poi entro la fine della settimana il premier scelto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella tornerà al Quirinale per riferire e immediatamente dopo ci sarà il giuramento. Probabilmente entro domenica. Al massimo lunedì. Quindi il voto di fiducia delle Camere avverrà la settimana prossima in una data ancora da definire. Ecco il crono-programma della crisi definito dal Quirinale dove ormai non si ascoltano più le interviste televisive o, tantomeno, i rumours parlamentari.

Si va verso la conta del Parlamento e sembra proprio che il presidente sia ormai deciso a verificare il grado di responsabilità delle forze politiche. E forse, dopo alcuni attacchi personali piovuti dal centrodestra, Mattarella vorrà osservare come i partiti si prenderanno la responsabilità di questa corsa alle urne di fronte all’opinione pubblica.

Le porte del Quirinale sono sempre aperte a chi portasse novità tali da formare in extremis un Governo politico ma ora più che mai devono comunicarle direttamente e formalmente al presidente.

Un capo dello Stato che non ha cancellato i tanti impegni in Italia previsti nei prossimi giorni, a partire da un appuntamento internazionale a Fiesole che lo terrà impegnato per tutta la giornata di giovedì.

Un "arbitro" che ha capito che è arrivata l’ora di tirare fuori qualche cartellino rosso e che ove mai ci fosse un fallo da rigore, come una bocciatura del suo governo di garanzia, malvolentieri dovrebbe farsi "notare" di più dal pubblico. Una metafora calcistica usata non a caso oggi dallo stesso Mattarella incontrando i giocatori di Juve e Milan a Roma per la finale di coppa Italia. "Un arbitro può condurre bene la partita se ha un certo aiuto di correttezza dai giocatori", ha osservato con un pizzico di amarezza replicando a Gigi Buffon che gli spiegava quanto l’Italia si affidi oggi "a una persona come lei".

Mentre Lega e M5s producono sprazzi di dissociazione politica passando ritmicamente dai toni della responsabilità a quelli della campagna elettorale, ora il Quirinale tiene la barra dritta: massima apertura e disponibilità alle remote possibilità di una soluzione, minimi spazi di manovra se il governo fosse bocciato. Ad esempio la data del voto. Esclusa da tempo la finestra di giugno sarà la logica delle scelte dei partiti a indicare la data del ritorno alle urne.

Il presidente non userebbe fantasia creativa per uscire da un percorso rodato. In caso di bocciatura il capo dello Stato avrebbe due strade: provare a fare un nuovo Governo (ed è chiaro che si tratta di un’ipotesi di scuola); oppure sciogliere le Camere. E non ci sarebbero motivi per non farlo immediatamente.

Quindi, seguendo il crono-programma della crisi, dovremmo calcolare 60 giorni dallo scioglimento. Se il voto avverrà entro la settimana prossima arriveremmo al massimo al 18 maggio. Tempo utile per sciogliere e votare il 22 luglio. Se le forze politiche cambiassero idea e preferissero votare a ottobre è meglio che ci pensino in tempo.

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