Estero

I diplomatici russi lasciano l'Inghilterra

È gelo tra Mosca e Londra: il Cremlino si prepara al contrattacco

Partenza forzata
(Keystone)
20 marzo 2018
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Dovevano partire in 23, ma con le famiglie al seguito sono stati circa 80 a dire addio per sempre a Londra. Un piccolo esodo, quello consumatosi stamattina dalla sede dell’ambasciata di Mosca nel Regno Unito, a Notting Hill, un giorno prima della scadenza delle espulsioni decretate dalla premier britannica Theresa May contro diplomatici russi ("spie non dichiarate", secondo il governo britannico) come ritorsione per l’attacco chimico al nervino del 4 marzo scorso a Salisbury contro l’ex ufficiale doppiogiochista Serghei Skripal e sua figlia Yulia. Un attacco per il quale il Regno chiama apertamente in causa il Cremlino, con l’unanime (e tuttavia cauto) sostegno del fronte occidentale. Ma su cui Mosca continua a respingere ogni sospetto: sfidando Downing Street a tirar fuori "le prove", se ne ha, e preparandosi anzi a passare al contrattacco.

La scena della partenza ha seguito il copione di rito. Un copione da Guerra Fredda per il numero delle persone coinvolte, quanto post-ideologico per i sentimenti esibiti: tra saluti dei colleghi e qualche lacrima di commozione che in epoca sovietica sarebbe stata decisamente fuori luogo. Tre fiammanti pulmini Mercedes aspettavano fuori. I ’reprobi’ vi sono saliti con consorti e figli e hanno preso la via dell’aeroporto per tornare in patria. Entro la fine della settimana toccherà a 23 britannici fare il percorso inverso, in forza dell’inevitabile risposta simmetrica già controfirmata da Mosca. Sul terreno investigativo, l’affaire Skripal attende adesso il ’responso’ degli specialisti dell’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, arrivati ieri in Inghilterra e già al lavoro sotto controllo britannico a Salisbury e nel laboratorio militare di Porton Down: quello in cui Londra afferma d’aver individuato, fra gli oggetti d’indagine, tracce di micidiali tossine tipo Novichok concepite nella vecchia Urss. La Russia però non si fida. Domani si prepara a raccontare la sua verità al corpo diplomatico presente a Mosca. E, per bocca del suo ambasciatore a Londra, Aleksandr Yakovenko, reduce da un ostentato ricevimento di saluto in onore dei 23 espulsi, imputa fin d’ora ai britannici di giocare sporco: di tentare di condizionare la segretaria generale dell’Opac senza lasciar condurre autonomamente agli ispettori internazionali i propri test; di non "voler cooperare" in modo trasparente; di avere "qualcosa da nascondere"; di alimentare un clima che sfocia in "minacce contro diplomatici e cittadini russi" nel Regno. Il presidente russo Vladimir Putin sembra del resto meno isolato di quanto il governo May sperasse. L’Ue evita di tradurre per ora la sua solidarietà in nuove sanzioni, mentre il presidente statunitense Donald Trump lo chiama per complimentarsi per la rielezione, malgrado i molti punti di frizione, smentendo clamorosamente la Casa Bianca. E sulla stessa scena politica londinese, se il ministro degli esteri britannico Boris Johnson e altri euroscettici Tory – costretti a ingoiare un accordo di transizione post Brexit con Bruxelles che almeno per il momento comporta cedimenti da parte loro – continuano a guidare il tam tam della linea dura contro il Cremlino, il laburista leader Jeremy Corbyn non rinuncia a frenare. A dispetto dei molti che lo criticano. "Tutti le dita indicano Mosca (sul caso Skripal) – premette – ma io con Putin non smetterei di parlare".

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