Estero

Tumori, trovato enzima che può uccidere le metastasi

Alla scoperta sono giunti i ricercatori dell’Università americana di Notre Dame. I risultati pubblicati su Nature Cell Biology

20 febbraio 2018
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Un enzima specifico può aiutare a fermare la diffusione dei tumori. E’ questa la scoperta a cui sono giunti i ricercatori dell’Università americana di Notre Dame (Indiana) che hanno individuato un sistema per cercare di uccidere le metastasi sul nascere. I risultati sono stati pubblicati su Nature Cell Biology e dimostrano che l’enzima Ripk1 diminuisce il numero di mitocondri in una cellula. Questa perdita porta allo stress ossidativo che può potenzialmente uccidere le cellule tumorali, anche se i ricercatori stessi pensano che il cancro potrebbe trovare il sistema di arrestare questo percorso virtuoso. Gli studiosi hanno scoperto che con l’attivazione di Ripk1 il numero di mitocondri (che sono il motore delle cellule) diminuisce a mano a mano che viene consumata energia. "Pensavamo come questa fosse legata alla necrosi delle cellule, ma non ne avevamo avuto evidenza e sapevamo che qualcosa ci mancava. Guardare i numeri mitocondriali ha cambiato radicalmente il nostro modo di pensare e ci ha focalizzato su un modo diverso con cui Ripk1 può far morire le cellule stesse", ha detto Zachary Schafer, della Coleman Foundation, docente di biologia del cancro del Dipartimento di scienze biologiche dell’Università di Notre Dame.

Chemioterapia, effetti negativi sul cuore

Necessaria per curare i tumori, la chemioterapia può avere effetti molto negativi sul cuore, al punto che un paziente su tre muore non di cancro ma a causa delle terapie oncologiche. In uno studio apparso sul Journal of the American College of Cardiology che ha analizzato le cause di decesso in 1807 pazienti sopravvissuti al cancro, è stato evidenziato che, a distanza di 7 anni, il 33% muore per disturbi cardiaci e il 51% per la malattia per la quale era in cura, cioè di tumore. Un problema che aumenta in presenza di cardiopatie silenti. "Spesso – sottolinea Nicola Maurea, direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Irccs Pascale – mentre si è concentrati a eliminare il cancro, questi problemi non sono riconosciuti, o non vengono adeguatamente trattati". Tutto ciò si potrebbe evitare se al momento della diagnosi si venisse presi in carico da una struttura cardioncologica, per individuare e trattare fattori di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, ma anche cardiopatia ischemica, aritmie, problemi tromboembolici. Inoltre, il paziente dovrebbe essere seguito da un team cardio-oncologico non solo durante il corso della malattia, ma anche per anni dopo la fine della chemio. Nella prevenzione cardioncologica entra a buon diritto anche l’alimentazione, "fondamentale per contrastare gli effetti cardiotossici di chemioterapia e cure biologiche", spiega Michelino De Laurentiis, direttore della UOC di Oncologia Clinica Sperimentale del Pascale. Senza dimenticare l’attività fisica, conclude, "che gioca un ruolo fondamentale". Di questo fenomeno ancora sottovalutato e dei successi ottenuti nella lotta alla cosiddetta "cardiotossicità" dei farmaci antitumorali, si parlerà dal 21 al 23 febbraio a un congresso internazionale ospitato preso l’Istituto Nazionale Tumori G. Pascale di Napoli, dal titolo "Pathophysiology and Management of Cardivascular Complications in Oncology".

Progetto Proton4Life a Roma

Intanto, la Regione Lazio ha presentato questa mattina il progetto ’Proton4Life’, che prevede nei prossimi anni grazie alla collaborazione tra il Policlinico Gemelli, l’Istituto Regina Elena e l’Enea, la nascita a Roma di un grande polo di protonterapia, una tecnica per la cura dei tumori di ultima generazione. E’ una evoluzione della radioterapia, ma molto più precisa e meno dannosa per i tessuti, basata sui protoni e non sui fotoni. A illustrare la novità il governatore Nicola Zingaretti con il direttore generale dell’Ircss Ifo-Ire Francesco Ripa di Meana e il direttore generale della Fondazione Policlinico Gemelli Marco Elefanti. Il futuro polo della protonterapia, pratica inserita nei nuovi Lea, è destinato a diventare punto di riferimento per il Centro Sud e i Paesi del Mediterraneo: al momento in Italia ne esistono solo altri due, a Pavia e a Trento. Il progetto prevede la realizzazione di 4 ’bunker’ con le apparecchiature, da realizzare in quattro anni. L’investimento complessivo tra i due istituti è di circa 120 milioni, e potrà trattare circa 2300 pazienti per anno, con 120 unità di personale specializzato coinvolte.

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