Estero

'Siano ascoltate le donne che accusano Trump di molestie sessuali' 

(Andrew Harnik)
11 dicembre 2017
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Donald Trump di nuovo nel mirino per le accuse di molestie sessuali. Tornano a parlare le sue accusatrici: "Ci riproviamo, perché adesso il clima è cambiato". Con questa motivazione Jessica Leeds, Samantha Holvey e Rachel Crooks, tre donne che prima della sua elezione a presidente lo scorso novembre avevano rivelato di essere state molestate sessualmente dal tycoon, in conferenza stampa – e intervistate da Magyn Kelly – hanno chiesto che il Congresso apra un’indagine.

Non arriva a tanto Nikki Haley, ma l’ambasciatrice Usa all’Onu rompe con la Casa Bianca affermando che le donne che hanno accusato il presidente di molestie devono essere ascoltate. Affermazione sorprendente perché arriva da uno dei pilastri della stessa amministrazione Trump, ma soprattutto perché confuta quanto fino ad ora sostenuto e ripetuto dalla Casa Bianca, ovvero che le accuse contro Trump sono false e vanno archiviate.

Per l’ex governatrice del South Carolina, invece, quelle donne meritano la stessa attenzione delle tante altre donne che in queste settimane sono venute allo scoperto per denunciare gli abusi. Parlando alla CBS, Haley ha detto: "Abbiamo ascoltato alcune donne che accusavano il presidente prima delle elezioni. E penso che ogni donna che si è sentita violata o maltrattata abbia tutto il diritto di parlare".

Il clima è cambiato, quindi. Ed eccole le donne che parlano: Jessica Leeds, Samantha Holvey e Rachel Crooks sono state intervistate da Megyn Kelly, la giornalista adesso alla NBC ma che da anchor di punta della Fox aveva moderato il primo dibattito tra i candidati presidenti, con Trump che si era scagliato contro di lei con riferimenti ultrasessisti che la Kelly non aveva mancato di denunciare, innescando una guerra di parole a distanza, ma soprattutto sollevando un tema rimasto poi sottotraccia durante l’intera campagna elettorale.

Che riemerga adesso non è un caso: il clima è cambiato sì, ma c’è anche una scadenza politica altamente strategica per l’amministrazione Trump: domani si vota in Alabama, dove il candidato repubblicano è Roy Moore, favorito (anche se di poco stando agli ultimi sondaggi) nonostante le accuse di molestie sessuali verso minorenni risalenti a decenni fa.

Moore è il beniamino dell’ultradestra rappresentata da Steve Bannon – l’ex stratega di Trump adesso fuori dalla Casa Bianca che in queste ore guida la campagna per Moore – ma a suo sostegno si è schierato senza ormai nessun dubbio anche il presidente. E alla fine anche parte del partito, pur tentennando, gli è andato dietro, in alcuni casi ribaltando addirittura posizione. Il Grand Old Party non può permettersi di perdere un prezioso seggio al Senato. Trump non è andato personalmente in Alabama ma l’endorsement c’è stato.

Oggi però in extremis si è levata la voce di Barack Obama, l’ex presidente di fatto unica guida al momento del Partito democratico, che con un messaggio registrato ha esortato al voto in Alabama per respingere Roy Moore: "Questa è seria, non potete lasciarla passare. Alabama, vai a votare!".

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