Estero

Cassis nella lobby delle armi

15 ottobre 2017
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Dalla lobby delle casse malattia a quella delle armi: pochi giorni prima di essere eletto in Consiglio federale Ignazio Cassis è diventato membro della Pro Tell, organizzazione che si batte contro qualsiasi inasprimento del diritto delle armi in Svizzera.

Il ministro degli esteri designato (entrerà in carica il primo novembre), dunque prossimo primo responsabile per i rapporti tra Svizzera e Unione europea, rischia così di trovarsi in una posizione in conflitto con quella del governo. Il Consiglio federale a fine settembre ha infatti confermato che la Confederazione vuole adempiere i suoi obblighi di Stato Schengen, trasponendo nel diritto elvetico, seppure in modo "pragmatico", la nuova direttiva dell’Ue sulle armi da fuoco, del tutto invisa a Pro Tell che ha già preannunciato un referendum.

Cassis si è rivolto alla Società per un diritto liberale sulle armi Pro Tell (o proTELL nel logo dell’associazione) "all’inizio di settembre" chiedendo di diventarne membro, ha detto oggi all’ats il segretario generale dell’organizzazione Robin Udry, confermando informazioni pubblicate in particolare dai giornali "Tages-Anzeiger", "Der Bund" e "Luzerner Zeitung", secondo i quali l’iscrizione è avvenuta l’11 settembre, ossia nove giorni prima dell’elezione del consigliere nazionale ticinese PLR in governo, avvenuta il 20.

Secondo Udry, Cassis – primo consigliere federale a sua conoscenza membro di Pro Tell – non ha finora disdetto la sua adesione. L’ats non è riuscita oggi a contattare l’interessato, che ha però confermato l’adesione al quotidiano zurighese e a quello bernese. Interpellato dai due giornali il ticinese non ha voluto dire di più al riguardo, come neppure sulla sua posizione in merito a Schengen, aggiungendo che si esprimerà una volta passati 100 giorni in carica e che si adeguerà alle decisioni prese dal governo.

"In suo nome" la Cancelleria federale ha tuttavia indicato in serata con una email all’ats che il neo consigliere federale, in collaborazione con la Cancelleria stessa, "sta riesaminando la sua appartenenza a diverse associazioni", tra cui anche Pro Tell e il gruppo ticinese Libertà e Valori ("Libertàevalori.ch"). Quest’ultimo si era costituito per combattere l’iniziativa popolare "Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi", respinta dal popolo svizzero il 13 febbraio 2011, e persegue obiettivi simili a Pro Tell.

Nella presa di posizione della Cancelleria si afferma inoltre che "il consigliere federale Ignazio Cassis si è sempre pronunciato per i trattati bilaterali con l’Unione europea, in particolare anche per l’accordo di Schengen".

Pro Tell, che conta circa 10’000 membri e rappresenta gli interessi di cacciatori, tiratori e collezionisti di armi, ha recentemente manifestato ferma opposizione all’adeguamento del diritto svizzero alla direttiva europea sulle armi da fuoco, minacciando il referendum, come ha fatto anche la Federazione sportiva svizzera di tiro (SSV/Swiss Shooting).

La nuova norma dell’Ue sulle armi da fuoco, che sostituisce quella del 1991, prevede controlli più severi in particolare su alcune armi semiautomatiche e un obbligo per gli Stati membri di avere un sistema di monitoraggio per il rilascio o il rinnovo delle licenze. Le misure decise in ambito Ue dovrebbero valere anche per la Svizzera in quanto Paese membro dello Spazio Schengen.

Lo scorso 29 settembre, il Consiglio federale ha promesso un’applicazione pragmatica, sfruttando il margine di manovra disponibile per salvaguardare la tradizione elvetica in materia di tiro. Chi vorrà tenere l’arma dopo il servizio militare dovrà tuttavia fare parte di una società di tiro o dimostrare di esercitarlo con regolarità.

La Svizzera, ha indicato il governo, dispone ora di un periodo di quasi due anni (fino al 31 maggio 2019) per trasporre nel suo diritto le nuove regole della direttiva europea. L’esecutivo si avvarrà di questo periodo per elaborare un progetto legislativo che tenga conto della tradizione. La consultazione al riguardo durerà fino al 5 gennaio 2018. Il Consiglio federale sottoporrà poi un messaggio all’attenzione del Parlamento presumibilmente nella primavera del 2018. Nel caso di un no all’adeguamento la Svizzera rischia l’esclusione dallo Spazio Schengen.

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