Estero

Abusi sui piccoli del Coro di Ratisbona: il vescovo chiede 'umilmente perdono'

(Gabriele Putzu)
24 luglio 2017
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Un rapporto "difficile da digerire anche" per la Chiesa oggi, ma accolto positivamente da "alcune vittime" che lo vedono come un aiuto a "mettere pace in questo doloroso capitolo della loro storia", e ben accolto dalle autorità competenti del Governo Federale. Lo afferma il vescovo di Ratisbona Rudolf Voderholzer a proposito degli abusi sui piccoli del Coro di Ratisbona, in una lettera che è stata letta durante le messe domenicali, ieri, in tutte le chiese della diocesi. Mons. Voderholzer ha anche annunciato l'intenzione di avviare altre due indagini, sui contesti storici e sociologici degli abusi. "Il contributo più importante a questo lavoro - spiega il vescovo - è stato dato dalle persone coinvolte. A loro va il mio sincero ringraziamento perché, nonostante la sofferenza vissuta, si sono messi in contatto con i rappresentanti della diocesi, e in particolare con il signor Weber (l'avvocato che ha curato il rapporto, ndr)".

Il vescovo ha ben chiara la portata dell'impresa di cui la sua diocesi si è fatta carico, una operazione che anche agli esterni appare come coraggiosa e di esempio per le altre diocesi del mondo, una pietra fondante per la Chiesa, nella costruzione di una cultura della prevenzione, della vicinanza alle vittime e della trasparenza. Mons. Voderholzer ricorda infatti che il rapporto è la "fine di un lavoro compiuto da un avvocato indipendente su incarico della diocesi", per "documentare" gli atti di violenza, "fare luce" sulle "strutture" e i "contesti" che hanno "reso possibili o addirittura favorito" questi atti e "valutare" il lavoro che la diocesi dal 2010 sta già compiendo a riguardo. Nella sua parte più consistente il rapporto, spiega mons. Voderholzer, è fatto dalle descrizioni, sono fatti risalenti agli anni '60 e '70, ma alcuni casi sono del 1992. "Chi legge queste descrizioni può solo provare orrore e sbigottimento", perché le violenze corporali sui bambini, in molti casi fin dall'età prescolare, erano "ben superiori" ai "ceffoni" che costituivano all'epoca una misura punitiva accettata; perché bimbi e ragazzi sono stati abusati sessualmente; perché molti "vivevano in un costante terrore" di punizioni "arbitrarie e imminenti" e perché molti, ancora oggi soffrono per le "umiliazioni subite".

"Isolamento", "barriere comunicative" e "omissioni" da parte dei responsabili politici ed ecclesiali sono alcune delle circostanze che l'hanno reso possibile. "Tutto ciò mi addolora profondamente e mi riempie di vergogna", scrive mons. Voderholzer, ed è tanto più grave perché "questi bambini erano stati affidati in buona fede a sacerdoti e a personale ecclesiale". E per questo chiede "umilmente perdono"

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