Estero

Le scuse di Tokyo per le 'schiave del sesso' coreane

28 dicembre 2015
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La Corea del Sud e il Giappone hanno raggiunto un accordo “riparatore” per le donne sudcoreane che durante la Seconda guerra mondiale furono costrette a lavorare come schiave del sesso per i militari nipponici.
Il primo ministro, Shinzo Abe, ha offerto le proprie scuse alla Corea del Sud, annunciando che Tokyo finanzierà un fondo da un miliardo di yen (circa otto milioni di franchi) costituito da Seul e destinato ad aiutare le anziane ex vittime della schiavitù sessuale, conosciute come "donne di conforto". La questione è stata sinora la più grande fonte di attrito nelle relazioni tra i due paesi.

L'accordo raggiunto oggi tra Seul e Tokyo "segna l'inizio di una nuova era nei rapporti tra il Giappone e la Corea del Sud", ha detto il ministro degli Esteri giapponese Fumio Kishida. La Corea del Sud ha sempre premuto sul Giappone per ottenere scuse convinte da parte del governo e risarcimenti per le ex schiave del sesso - che sarebbero state fino a 200mila - in una questione che ha messo a dura prova i rapporti tra i due Paesi. Nel 1993 il Giappone aveva riconosciuto la sua responsabilità in una dichiarazione dell'allora capo di Gabinetto Yohei Kono.

Quello odierno è il primo accordo su questo annoso contenzioso dal 1965: "Abe, come primo ministro del Giappone, offre le sue scuse dal suo cuore e una riflessione per tutte coloro che hanno sofferto molto dolore e hanno cicatrici che sono difficili da rimarginare sia fisicamente, sia mentalmente", ha reso noto il minietsro degli esteri giapponese.

Nell'ambito dell'accordo Abe ha accettato una "profonda responsabilità" per la questione e la Corea del Sud ha sottolineato che considererà la vicenda risolta in modo "definitivo e irreversibile" se il Giappone manterrà le sue promesse. Inoltre, la Corea del Sud rimuoverà una statua simbolo delle delle 'donne di conforto' eretta da attivisti davanti all'ambasciata giapponese a Seul nel 2011.

Entrambe le parti hanno anche concordato di non criticarsi più a vicenda sulla questione a livello internazionale. La maggioranza delle schiave del sesso erano sudcoreane, ma c'erano anche donne cinesi, filippine, indonesiane e di Taiwan. Solo 46 di loro sono ancora vive in Corea del Sud.

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