Estero

Quel motore sbagliato spento dai piloti, l'esperto: a 1200 piedi è una condanna

7 febbraio 2015
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Cinque secondi. Tanto potrebbe essere bastato per condannare l’ATR 72 della TransAsia e 35 dei suoi passeggeri. Il loro destino potrebbe essere stato deciso già dopo 42 secondi dal decollo, quando - in seguito all'avaria del motore destro - uno dei due piloti ha ridotto la potenza del motore sinistro, l’unico che in quel momento permetteva all’aeroplano di volare. Questo almeno quanto risulta dalle prime analisi condotte sulle due scatole nere.

«In genere quando si ha un problema, la prima cosa da fare è un bel respiro. Bisogna analizzare cosa sta succedendo, riflettere e agire. Prendere decisioni affrettate può portare a conseguenze gravi», racconta da noi interpellato un pilota (il nome è noto alla redazione) con parecchia esperienza su un doppio turboelica simile all’ATR precipitato mercoledì a Taipei.

«Quando uno dei due motori va in avaria al momento del decollo è indispensabile mantenere sotto controllo l’aereo - racconta -. È fondamentale ridurre l'angolo di salita, contrastare l'imbardata utilizzando gli alettoni e il timone di coda per permettere all'aereo di continuare a salire con un solo motore. Con un motore fuori uso, infatti, viene a crearsi un'asimmetria nella spinta in avanti che porta l'aereo a girare nella direzione dove si trova la turbina spenta».

L’importante, prosegue, è non farsi prendere dalla fretta ed eseguire con molta cautela le procedure d’emergenza. Il rischio nel manipolare i comandi in uno stato di elevato stress è quello di sbagliare qualcosa. Un lusso che non ci si può permettere quando si è a 400 metri da terra con una velocità prossima a quella dello stallo, come è avvenuto mercoledì per il volo GE235. Di tempo, precisa il pilota, «ce n’è sempre. Magari non è molto, ma di solito basta». Tanto più che se il motore in avaria va automaticamente “in bandiera” (in ‘folle’) «il velivolo è perfettamente in grado di volare» anche senza prendere azioni immediate.

Su un doppio turboelica, indica l'esperto, generalmente la procedura corretta è quella, dopo essersi accertati di riuscire a mantenere il controllo del velivolo, di assicurarsi che l'elica del motore in avaria sia "in bandiera". Va poi ridotta la manetta del gas corrispondente al motore fermo, chiuso l'apporto di carburante alla turbina e seguita la lista di controllo che si addice al caso. Una procedura, a quanto pare, adottata anche dai due piloti taiwanesi, che l'avrebbero (ma il condizionale è tutt'ora d'obbligo visto che l'inchiesta sta muovendo i suoi primi passi) applicata al motore sinistro, spegnendo così l'unica turbina ancora apparentemente in funzionante. Avrebbero poi tentato di farla ripartire, «ma a 1200 piedi d’altezza c’è poco da riavviare: la procedura richiede almeno 50 secondi». Troppi quando si vola così bassi e a così bassa velocità.

Procedure, regole di comportamento e divisioni dei compiti tra pilota e copilota in caso di problemi sono parte dell'addestramento e vengono allenati nei simulatori per preparare il personale a questo genere di situazioni. E, difatti, sembrano essere state applicate. È quindi possibile, chiediamo, che le indicazioni del velivolo abbiano confuso i piloti, facendo credere loro che ad essere in avaria fosse la turbina sinistra? «È poco probabile - risponde l'esperto, precisando comunque di non aver mai volato su un ATR 72 -. In genere già il ‘master warning’, l’allarme generale, indica chiaramente qual’è il problema e su quale motore si è prodotto. Inoltre l’avaria di un motore comporta anche altri malfunzionamenti, come lo spegnimento del generatore elettrico associato alla turbina o la perdita di pressione dell'olio nel motore. Guasti che vengono segnalati da altre spie specifiche. In terzo luogo gli indicatori dei parametri di ogni motore sono uno accanto all’altro ed è quindi facile capire quale dei due sta operando fuori dagli standard attesi». Insomma l’identificazione del motore difettoso è, di principio, abbastanza semplice. «Se però subentra una certa dose di stress e si agisce con troppa fretta, allora è possibile confondere destra e sinistra o commettere altri errori».

E allora, forse, quei cinque secondi tra il primo allarme e la riduzione di potenza hanno condannato davvero l’ATR allo schianto avvenuto un minuto e mezzo più tardi. O forse no. Perché non si può escludere che ci sono altre cause e altre spiegazioni dell'accaduto. Spiegazioni che solo l’inchiesta potrà fornire.

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