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Omicidio Lidia Macchi, ergastolo per Binda

A 31 anni dai fatti, è stato condannato l'ex compagno di classe della giovane varesina. L'inchiesta è stata riaperta nel 2016, dopo una poesia sospetta.

24 aprile 2018
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Fine pena mai, per Stefano Binda condannato all'ergastolo per l'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa varesina uccisa con  29 coltellate il 5 gennaio del 1987 nei boschi di Cittiglio, nel varesotto. Sul delitto sembrava essere calato il silenzio, dopo che a lungo aveva occupato le prime pagine di tutti i quotidiani italiani. La giovane che frequentava gli ambienti di Comunione e Liberazione, ambiente nel quale inizialmente si erano concentrati i sospetti, caduti anche su un giovane sacerdote, poi scagionato. La svolta, per la verità giudiziaria sancita nel pomeriggio, dopo la sentenza della Corte d'Assise di Varese (presidente Orazio Muscato) nel 2015, dopo che la Procura generale di Milano aveva deciso di evocare l'inchiesta, anche perché nel frattempo era stata recuperata una lettera d'accusa nei confronti di Stefano Binda, compagno di liceo di Lidia Macchi, pure lui ciellino. Lettera che, stando all'accusa, aveva scritto lo stesso Binda.

Un risarcimento per i famigliari della vittima

A chiedere la scorsa settimana la condanna all'ergastolo era stato il sostituto procuratore generale Gemma Gualdi. Alla lettura della sentenza, giunta dopo una camera di consiglio durata solo tre ore, e ciò sottintende un ampio convincimento anche da parte dei giudici popolari, oltre all'imputato erano presenti anche la madre Paolina Bettoni e i fratelli di Lidia Macchi Stefania e Alberto, per i quali la Corte ha disposto un risarcimento fissando una provvisionale complessiva di 360mila euro. "Non abbiamo mai cercato un colpevole, ma il colpevole - hanno commentato - e da ciò che è emerso nel processo pensiamo che Stefano Binda sia colpevole". Hanno commentato i familiari della giovane universitaria. Gemma Gualdi: ''La verità giudiziaria coincide con la verità storica e ciò lo si deve al lavoro della Squadra mobile di Milano''. Patrizia Esposito e Sergio Martelli, difensori di Stefano Binda: ''Una sentenza che ci sorprende: siamo convinti dell'innocenza del nostro cliente. A questo punto non ci rimane che attendere le motivazioni. Comunque, ricorreremo in appello''.

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