Stati Uniti

Fiammata dell’inflazione, i prezzi salgono dell’8,5% in marzo

È il dato più elevato, su base mensile, dal dicembre del 1981. Rispetto al mese precedente i prezzi sono aumentati dell’1,2%

Fiammata dell’inflazione negli Stati Uniti. I prezzi al consumo in marzo sono saliti dell’8,5% su base annua, sopra le attese degli analisti che scommettevano su un aumento dell’8,4%. Il dato comunicato poco fa dal Dipartimento del lavoro è il più alto dal dicembre 1981.

Nei confronti di febbraio i prezzi sono saliti dell’1,2%. L’indice core, quello al netto di energia e alimentari e monitorato dalla Federal Reserve nelle sue decisioni di politica monetaria, è salito in marzo dello 0,3% su febbraio e del 6,5% sullo stesso periodo dell’anno precedente.

Dopo il dato di marzo, la Casa Bianca si appresta ad annunciare nove misure per cercare di smorzare il caro-benzina. A dispetto della contrarietà degli ambientalisti, stando ad alcune fonti il presidente americano Joe Biden consentirà l’utilizzo dell’etanolo nella benzina così da favorire un calo dei prezzi di circa 10 centesimi ogni gallone (cioè 3,8 litri).

L’inflazione e i prezzi alla pompa sono le due maggiori preoccupazioni degli americani e i due temi su cui Biden e i democratici vengono bocciati nei sondaggi.

‘Valutazioni errate da parte della Bce sui prezzi’

La Banca centrale europea (Bce) ha mantenuto le misure di stimolo per troppo tempo ed è "molto difficile da difendere", "ha vissuto nella fantasia di continuare questa politica senza conseguenze negative". Lo dice al Financial Times Otmar Issing, ex capo economista e membro del consiglio di amministrazione dell’istituto.

"Sarebbero in una situazione migliore, o almeno meno grave, se avessero iniziato a normalizzare la politica prima, la guerra non dovrebbe distrarre da questo fatto". La prospettiva di una situazione "stagflazionistica" di aumento dell’inflazione e rallentamento della crescita è "la peggiore combinazione" per una banca centrale, sottolinea.

La Bce ha fatto una "diagnosi errata" dei fattori dietro l’impennata dei prezzi, afferma l’economista 86enne, avendo "vissuto in una fantasia" che minimizzava il pericolo di un’inflazione fuori controllo. "La Bce ha contribuito massicciamente a questa trappola in cui è ora catturata perché ci stiamo dirigendo verso il rischio di una stagflazione".

Dopo aver lottato per portare l’inflazione all’obiettivo del 2% negli ultimi dieci anni, la Bce affronta ora il problema opposto, con un balzo dei prezzi, ricorda l’Ft, e una inflazione nell’Eurozona a marzo al nuovo record del 7,5%. Questa settimana si riunisce il consiglio direttivo della Bce a Francoforte per discutere se accelerare il piano di ritiro graduale degli stimoli mettendo fine all’acquisto di obbligazioni nel terzo trimestre.

"L’inflazione era un drago addormentato; questo drago si è risvegliato", dice Issing, parlando al Financial Times nella sua casa di Würzburg. "La Bce si è basata sul suo modello di previsione e questo modello non può dare i segnali giusti perché si basa sull’esperienza passata e ciclica, e la pandemia non ha causato un rallentamento ciclico", sottolinea anche Issing. "È necessario un approccio molto più ampio per spiegare l’inflazione in un momento di cambiamenti strutturali. Se si ha una diagnosi errata, naturalmente, si ha una politica errata".


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