Una mozione al Consiglio federale chiede di agevolare l’omologazione tecnica di auto trasformate
In Italia e in Francia sono realtà da un paio di anni. Una mozione del consigliere nazionale del Ps Bruno Storni chiede che anche in Svizzera vengano introdotti degli incentivi normativi per il cosiddetto retrofit elettrico – così si chiama il travaso tecnologico con una motorizzazione elettrica in un mezzo vintage – delle auto a motore a combustione. In Italia dall’agosto 2020 l’incentivo pubblico è pari al 60% dei costi di conversione, ma al massimo 3’500 euro (circa 3’600 franchi). In Francia la soglia dei sussidi si alza fino a 5mila euro (oltre 5mila franchi). Storni non chiede aiuti finanziari pubblici, ma l’eliminazione di ostacoli giuridici all’omologazione di mezzi trasformati.
«Le basi legali e alcune normative attualmente in vigore rendono praticamente irrealizzabile dal punto di vista economico in Svizzera la conversione della motorizzazione di veicoli stradali, in particolare automobili, da endotermica a elettrica», spiega Bruno Storni nella mozione presentata negli scorsi giorni. Il problema è dato da «normative ridondanti e severe che comportano costi talmente elevati da rendere praticamente non conveniente l’operazione».
Su alcuni siti italiani specializzati in mobilità elettrica, si stimano i costi di conversione tra i 5mila e i 7mila euro. Questa cifra non tiene però conto della batteria, vero Tallone di Achille che – a seconda della potenza – parte dai 5mila euro in su. In pratica per una batteria (10 kWh) adatta a una piccola utilitaria con un’autonomia di 50 chilometri bisogna mettere in conto altri 5mila euro. Man mano che sale l’autonomia della batteria, sale il costo: per 100 chilometri (20 kWh) bisogna prevedere ulteriori 10mila euro. In pratica ogni ulteriore chilometro di autonomia costa 100 euro.
«Eppure nell’ottica della politica di decarbonizzazione e dell’uso razionale di risorse come pure dell’economia circolare, la trasformazione di autovetture d’occasione è un’opportunità da cogliere e sviluppare sia per i benefici ambientali diretti che per i posti di lavoro», spiega ancora Storni nella sua mozione.
Ma in cosa consiste il retrofit? In generale gli interventi sono tendenzialmente sempre gli stessi, ma vengono adattati di volta in volta al tipo di auto su cui si effettua il retrofit e alle esigenze del singolo cliente. Ma la procedura base è la seguente: rimozione di motore e meccanica esistenti; montaggio di powertrain elettrico e batteria; omologazione.
Ed è proprio l’iter procedurale dell’omologazione, a differenza di altri Paesi europei, a frenare questa possibilità in Svizzera. «Questi aspetti sono stati considerati in Francia e Italia dove oltre a normative tecniche che rendono più attuabili le conversioni, arrivano perfino a incentivare finanziariamente il retrofit da endotermico a elettrico della motorizzazione». La mozione va proprio nella direzione di chiedere uno snellimento burocratico. «Le prescrizioni di legge in vigore in Svizzera sono definite nell’Ordinanza concernente le esigenze tecniche per i veicoli stradali (Oetv) che pur facendo riferimento a normative Eu e Un (regole europee) risultano proibitive e rendono di fatto il retrofit totalmente antieconomico e inattuabile, sia per i costi, sia per la certificazione di componenti elettriche (Emv), sia – infine – per test distruttivi sulla batteria», spiega ancora il consigliere nazionale Storni che chiede che «ricertificazione delle componenti che sono già state omologate deve essere evitata». L’Ordinanza, attualmente, prevede la ripetizione di test Emc (per la compatibilità elettromagnetica, ndr) molto costosi per componenti già testate. Infine Storni chiede che per l’omologazione di singoli veicoli trasformati dovrebbe essere possibile ricorrere alla valutazione di centri di competenza riconosciuti.
Il retrofit elettrico si rivolge principalmente alle auto con parecchi anni sulle spalle, ma che non abbiano un particolare interesse storico (in questi casi potrebbe essere un delitto effettuare un’operazione simile sacrificando l’originalità del mezzo). Oggi comunque è difficile che si trasformi in elettrica un’auto più recente di una immatricolata nei primissimi anni 2000. Il motivo è semplice. Con un’operazione di conversione si riesce a recuperare un’auto che magari è ancora ben tenuta dal punto di vista della carrozzeria e dell’abitacolo ma che è arrivata a fine vita per quanto riguarda il motore. Oppure, pur avendo ancora la possibilità di percorrere km, è in una vecchia classe antinquinamento e, quindi, sottoposta a limitazioni alla circolazione.