Gli addetti crescono come pure il volume degli investimenti. Il caso della Healthcare Advanced Synthesis di Biasca
È un distretto industriale piccolo, ma innovativo con tassi di crescita molto importanti e non dissimili da quelli nazionali. Un dato su tutti: nel decennio 2006-20017, stando a i dati Bak, l’industria farmaceutica ticinese è cresciuta di oltre il 10% risultando il comparto più dinamico. Nello stesso periodo l’economia nel suo complesso è progredita mediamente del 2%. E stime analoghe sono state fatte per il decennio iniziato nel 2018 e che si concluderà nel 2026. Il risultato è sempre il medesimo: la farmaceutica ticinese ha tassi di sviluppo molto più elevati. Una tendenza confermata anche dal numero degli occupati e del fatturato. «A fine 2021 erano circa 3 mila gli occupati delle imprese associate a Farmaindustria Ticino (Fit) per un monte salario pari a 275 milioni di franchi e un fatturato di 2,5 miliardi di cui di 1,8 miliardi di natura industriale. Gran parte di questa produzione è destinata al mercato estero», spiega Giorgio Calderari, presidente di Fit intervenendo questo pomeriggio a Biasca alla presentazione dell’impianto di produzione Has, già Helsinn Advanced Synthesis, ora Healthcare Advanced Synthesis. Si tratta della realtà del Gruppo Helsinn che si occupa di produrre principi attivi, prevalentemente anti cancro, sia per la casa madre, sia per conto terzi. Un’azienda ormai storica nel panorama industriale di Biasca, visto che il suo insediamento risale al 1984, come ha spiegato il suo direttore Waldo Mossi. Dopo quasi quarant’anni e decine di milioni di franchi di investimenti, la Has si appresta a espandersi ancora di più visto che è in programma l’ampliamento dei laboratori e del sito di produzione che già oggi occupa oltre 220 persone, quasi tutti residenti nelle Tre Valli o comunque in Ticino. La percentuale di frontalieri è del 13%.
L’intero settore farmaceutico ticinese è comunque fortemente orientato all’innovazione. Nel triennio 2016-2018 il volume degli investimenti è stato di circa 500 milioni, un terzo dei quali per la produzione e gran parte del resto per la Ricerca e lo Sviluppo. Non ci sono ancora i dati del triennio successivo, quello caratterizzato dalla pandemia di Covid. «È vero che la farmaceutica e la ricerca a livello globale ha dato un contributo enorme alla lotta alla pandemia, ma ci sono stati anche dei problemi come il rallentamento di determinati studi per il lancio di nuovi farmaci – mi riferisco agli anti tumorali, per esempio ma anche ad altri preparati di altro genere – e le difficoltà a reperire determinati materiali nella logistica internazionale», continua Calderari.
Ma un settore ad alto valore aggiunto, come hanno avuto modo di sottolineare i consiglieri di Stato Christian Vitta e Raffaele De Rosa intervenuti a Biasca, ha bisogno di condizioni quadro interessanti (fiscalità e manodopera formata) e di un ambiente favorevole all’innovazione (centri di ricerca). In questo senso, per esempio, va il futuro parco dell’innovazione nell’area delle ex officine Ffs di Bellinzona. Un modo per inserire il Ticino nella rete nazionale dello Swiss innovation park con il comparto delle ‘Scienze della vita’ attirando competenze sia accademiche, sia imprenditoriali e fare sistema verso l’esterno, come ha sottolineato Luca Bolzani, presidente della Fondazione Agire, ente che si occupa proprio di agevolare imprenditorialità e innovazione.
E su questo punto il tasto dolente è spesso la cosiddetta fuga dei cervelli: giovani ticinesi che vanno a studiare fuori Cantone (in Svizzera interna o all’estero) e difficilmente ritornano in Ticino. FarmaIndustria a questo proposito ha avviato un progetto denominato ‘Talenti’ proprio con l’obiettivo di presentare il comparto delle Scienze della vita come polo industriale significativo per studenti neolaureati.