Economia

Il piano di rilancio della Nestlé in Italia

Le premesse: dieci stabilimenti, 4'600 dipendenti e un 2020 chiuso con ricavi per 1,5 miliardi

(Keystone)

Chi lo avrebbe detto. Durante i lockdown è schizzato il consumo del latte condensato. «Serve a fare le torte migliori — dice Marco Travaglia, presidente e amministratore delegato di Nestlé Italia e Malta —. Ha una seconda giovinezza, non si vendeva così da 20 anni». Nestlé ha un portafoglio di marchi ampio e collaudato: Perugina, Sanpellegrino, Buitoni, Levissima, Acqua Panna. E poi Nespresso, Nescafé, Purina per gli animali, il Formaggino Mio per i bambini, il brodo Maggi, il Kitkat, gli Smarties, il Nesquik, la Perrier. La novità è ora il piano di rilancio sull’Italia, dove il gruppo ha dieci stabilimenti e 4.600 dipendenti. Quattro le leve: le acque minerali (anche in lattina), il cibo per animali («Cani e gatti ormai fanno parte della famiglia, l’evoluzione culinaria è diventata mass market»), il caffé (accordi attesi con Illy, sviluppo delle licenze con Starbucks) e l’health care cioè la cura della salute, con gli integratori come il Meritene o Vital Proteins, acquisita in maggioranza lo scorso anno; ma anche gli hamburger vegetali, appena lanciati negli Autogrill.

Il 2020 è stato chiuso con ricavi a 1,5 miliardi, in calo rispetto agli 1,6 miliardi del 2019 «per effetto della pandemia», dice Travaglia. Ora l’asticella sale. «L’ambizione è arrivare a due miliardi di fatturato in cinque anni — dice Travaglia —, mentre quest’anno dovremmo tornare ai valori del 2019. Abbiamo un piano d’investimenti da oltre 200 milioni per il 2021-2023 sull’Italia: almeno metà tocca la sostenibilità». Allo studio ci sono le confezioni riciclabili al 100%, sviluppate con la ricerca interna nel nuovo centro di Losanna, dove ha sede la multinazionale svizzera che nel 2020 ha fatturato 84,3 miliardi di franchi svizzeri (-8% dal 2019) con un utile operativo di 14,8 miliardi e ha per rivali Mars, Coca Cola, Danone, Ferrero.

Le fabbriche

Ma gran parte delle risorse andranno anche agli impianti industriali, in testa quello di Ruspino, Bergamo, dove si produce l’acqua Sanpellegrino. È uno stabilimento avveniristico, ovale, rivisto per ottimizzare il traffico merci, con un punto d’ingresso da un lato e uno di uscita dall’altro (non è scontato). Completamento previsto nel 2023. «Introdurremo nuove linee produttive e miglioreremo la mobilità per la valle — dice il Ceo —. Sull’acqua abbiamo dal 2020 un piano d’investimento da 100 milioni. Aumenteremo la produzione anche con l’acqua in lattina. C’è richiesta di acque minerali con maggiore apporto vitaminico». La discussione con i sindacati per lo spostamento del Sanbittèr si è conclusa (dice anche la Cgil). «La produzione del Sanbittèr resterà in Italia, la porteremo a San Giorgio in Bosco, Padova — annuncia Travaglia — e l’occupazione resta». 

Dietro c’è una strategia di innesto territoriale, condotta anche attraverso i premi ai giovani imprenditori italiani delle startup: il progetto Nestlé Startup Program  si è concluso con tre idee imprenditoriali selezionate su 200, «startup con cui potremo lavorare». «Non siamo la multinazionale senza volto che viene e rapisce i marchi — dice il Ceo —. Abbiamo dato prospettive ai marchi da Buitoni a Perugina a San Pellegrino e portato qualità in Italia, con i nostri marchi come Nespresso che ha funzionato qui, nel mercato per eccellenza del caffè».

I casi Sanpellegrino e Perugina sono ritenuti paradigmatici dell’approccio al Paese. «Quando abbiamo rilevato Sanpellegrino — dice Travaglia — l’abbiamo innestata su tre cardini: il posizionamento alto, con lo stile di vita italiano associato alla ristorazione; una scala distributiva per portarla in tutto il mondo; l’investimento in finanza e personale. Stessa operazione per Perugina: i Baci hanno avuto una forte internazionalizzazione negli Stati Uniti, in Brasile, in Canada». Gli Usa rimangono il mercato prioritario di Nestlé, seguono per aspettative di crescita la Cina e il Medio Oriente.

Riciclo e biotech

Dopo la cessione, nel 2020, di Acqua Vera alla famiglia Quagliolo, l’acqua copre il 26% del giro d’affari di Nestlé Italia, l’alimentare il 7%, il dolciario l’8%, il cibo per animali il 20% e la nutrizione (infantile e specializzata) l’8%. La fetta maggiore, il 30%, è coperta dal caffè.  «Qui si rafforza il piano di riciclo sul quale abbiamo investito 6 milioni in dieci anni», dice il manager. È atteso l’annuncio, con Illy, di un progetto pilota sulla filiera, in linea con l’obiettivo del gruppo di avere entro il 2025 tutto il packaging riciclabile («Ora siamo al 96%»).

Poi c’è l’espansione con Starbucks. Nestlé ha in licenza dalla catena americana la produzione di caffè per il consumo casalingo, con le capsule Starbucks by Nespresso e by Nescafé Dolcegusto. «Il piano licenze vale 7 miliardi nel mondo, potremo allargarci nel fuori casa, agli uffici ».

Per Buitoni, dopo la cessione, tre anni fa, delle licenze e dello stabilimento per la pasta fresca e i sughi a Rana, Nestlé in Italia si sta «concentrando sulle basi fresche e le pizze surgelate, i prodotti di punta», dice Travaglia (le torte salate si sono impennate con la pandemia). Sempre nell’alimentare Garden Gourmet, cibo vegetale, «è in grande sviluppo — dice Travaglia —. Abbiamo lanciato il nostro hamburger vegetale Wow Burger a inizio giugno in tutti gli Autogrill». Per Perugina si prevede la ripresa dopo la frenata del cioccolato nella Pasqua 2020, mentre è previsto l’allargamento della divisione Health Science. «Ottenuto il via libera dall’Aifa, avvieremo le operazioni per portare sul mercato italiano i prodotti contro le allergie alimentari di  Aimmune», la biotech rilevata nel 2020.

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