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I ‘globalisti’ sono vezzeggiati anche in Italia

Da quattro anni c’è una norma che prevede la possibilità di tassare i redditi di fonte estera dei neo residenti in modo forfetario

Stranieri attirati non solo dalle bellezze architettoniche italiane
(Keystone)

La tassazione secondo il dispendio, introdotta per la prima volta in Svizzera (nel canton Vaud, per la precisione) nel 1862 è diventata norma federale nel 1934. Tale sistema detto anche imposizione forfettaria, è una procedura di tassazione semplificata per cittadini stranieri domiciliati in Svizzera che non vi esercitano un’attività lucrativa. È in pratica un metodo particolare di calcolo del reddito e della sostanza. A questo tipo d’imposizione hanno diritto le persone fisiche con cittadinanza straniera che, per la prima volta o dopo un’assenza di almeno dieci anni dal Paese, acquisiscono domicilio o dimora fiscale in Svizzera senza esercitarvi alcuna attività lucrativa. Il diritto all’imposizione secondo il dispendio si estingue quando il contribuente acquisisce la nazionalità svizzera oppure esercita un’attività lucrativa. In Svizzera il numero di contribuenti tassati secondo il dispendio, stando agli ultimi dati dell’Amministrazione federale delle contribuzioni, è inferiore all’uno per mille. A fine 2018 le persone tassate in modo forfettario erano 4’557; le imposte versate ammontavano complessivamente 821 milioni di franchi.

Dal 2017 un sistema analogo è in vigore anche in Italia ed è noto con il nome di ‘regime fiscale speciale per neo-residenti’. Altri paesi europei, come Malta e Cipro, hanno regimi simili dedicati alle persone facoltose che si trasferiscono da loro. Samuele Vorpe, responsabile del Centro di competenze tributarie della Supsi, ha recentemente pubblicato un saggio che fa il punto in modo esaustivo su questi regimi.
Il manuale ‘I privilegi fiscali per le persone facoltose secondo il diritto svizzero, italiano ed euro-unitario; edizioni Supsi’ è stato pubblicato recentemente. È possibile ordinarlo sul sito www.supsi.ch/fisco/pubblicazioni. Lunedì di questa settimana il tema è stato anche oggetto di un webinar a cui sono intervenuti, oltre all’autore Samuele Vorpe, il direttore della Divisione delle contribuzioni Giordano Macchi; Siegfried May, commercialista a Milano; Dario Stevanato, professore di diritto tributario presso l’Università di Trieste e Marco Greggio, professore di diritto tributario presso l’Università di Ferrara.

La sostanza in criptovalute è di fonte estera

Giordano Macchi ha ricordato come il gettito fiscale dei globalisti in Ticino, nonostante dei cambiamenti legislativi che hanno inasprito l’accesso, negli ultimi otto anni è costantemente aumentato. Si è passati dagli 80 milioni del 2012 ai circa 160 milioni del 2019. Il numero di globalisti, pur variando di anno in anno, è rimasto in media di circa 900. Dato che porta il Ticino a essere la terza meta fiscale per questa tipologia di contribuente dopo Vaud e Vallese. Al quarto posto c’è Ginevra che è però il secondo per gettito. Come noto, questa forma di tassazione esclude i redditi e patrimoni di fonte estera. Negli ultimi anni si è posto il problema di come considerare il binomio globalisti e criptovalute. L’orientamento prevalente è quello di considerare la sostanza finanziaria espressa in criptovalute di fonte estera, a meno che il debitore non sia un soggetto svizzero. Questo, secondo Macchi, potrebbe avere degli impatti sull’evoluzione dei globalisti in futuro. 

In Italia quadruplicati i neo residenti

Il criterio di territorialità della fonte di reddito è un discrimine anche per la normativa italiana che sembra ricalcata pari pari da quella svizzera. Ne ha parlato in modo dettagliato Siegfried Mayr. «Cosa ‘comprano’ con i 100 mila euro di obolo i neo residenti?», si è chiesto Mayr elencando una serie di vantaggi fiscali per tutti i patrimoni e i redditi di fonte estera. Tra i vantaggi c’è anche l’esclusione dal monitoraggio fiscale per quanto riguarda le attività finanziarie detenute all’estero e l’esclusione dall’imposta di successione e donazione, sempre per i patrimoni esteri. Le attività domestiche, in questo caso italiane, sottostanno alla tassazione ordinaria. Ad ogni modo, partito in sordina nel 2017, il programma italiano sta avendo sempre più successo anche se il gettito è ancora irrisorio: 13 milioni di euro nel 2017 con 94 neo residenti; 39 milioni di euro nel 2018 con 170 neo contribuenti. Nel 2019 sono stati invece 421 coloro che si sono trasferiti in Italia attirati da questo regime fiscale. 

Ma la ratio della norma, sempre a rischio di costituzionalità in quanto violerebbe il principio di parità di trattamento assolvendo gli obblighi fiscali con un ‘obolo’ capitario (a testa e a seconda del nucleo familiare), è di natura economica. Attirando persone ad alto reddito (i cosiddetti high net worth individuals, ndr), l’effetto ricercato è quello di aumentare consumi e investimenti. «La parità di trattamento, per quanto riguarda i redditi nazionali, è data», ha fatto notare Marco Greggi, professore di diritto tributario a Ferrara. «Semmai la disparità è di natura transnazionale». L’Unione europea – ha continuato Greggi – ha poche competenze sull’imposizione diretta. La Commissione europea è però intervenuta su Cipro e Malta per le loro politiche di concessione della cittadinanza a soggetti extra comunitari. Cittadinanza condizionata a investimenti in questi paesi. Greggi ha parlato di ‘ius pecuniae’, da affiancare al dibattito su ‘ius soli’ e ‘ius sanguinis’.

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