Economia

Le Pmi svizzere prevedono esportazioni al minimo storico

Il calo del clima del settore e la relativa crisi sono legati strettamente alla pandemia di covid-19. Secondo un sondaggio, le aziende temono il futuro

Foto d'archivio
25 giugno 2020
|

Esportazione al minimo storico per le piccole medie imprese svizzere, attive nel panorama internazionale. È quanto è emerso dal rapporto elaborato da Credit Suisse sulle prospettive del settore export nel secondo semestre del 2020. Una crisi legata alla pandemia di coronavirus.

Secondo l’attuale sondaggio di Switzerland Global Enterprise (S-GE) alla fine del primo semestre 2020, il 65% delle Pmi ha registrato una contrazione delle esportazioni. Secondo l’81% degli intervistati la pandemia ha conseguenze negative, in particolare a causa del crollo della domanda e del fatturato. Per il secondo semestre soltanto il 39% delle Pmi prevede un aumento dell’export.

Secondo l'indagine, condotta tra l’inizio di maggio e l’inizio di giugno 2020, circa due terzi delle Pmi svizzere intervistate vedrà diminuire le sue esportazioni nel primo semestre del 2020. La pandemia presenta conseguenze negative a livello commerciale per l’81% degli intervistati, derivanti in particolare dal crollo della domanda, dalle perdite nelle vendite e di fatturato nonché dalla mancanza dell’affidabilità delle aspettative e di sicurezza nella pianificazione. Volgendo lo sguardo al secondo semestre del 2020, il 39% delle Pmi prevede un aumento delle esportazioni, il 23% una stagnazione e il 38% un’ulteriore diminuzione.

Effetti della crisi nettamente evidenti

Gli effetti della crisi del coronavirus sono nettamente evidenti anche nel barometro delle esportazioni di Credit Suisse che rappresenta la domanda estera di prodotti svizzeri. Il valore di aprile pari a -2,59 è stato battuto soltanto durante la crisi finanziaria nel 2008. A maggio 2020 il barometro delle esportazioni è salito nuovamente al valore di -1,54, posizionandosi tuttavia ancora nettamente al di sotto della soglia di crescita.

Tiziana Hunziker, economista presso Credit Suisse, afferma: «Le misure di protezione statali e lo stop della produzione hanno portato a interruzioni nelle catene di approvvigionamento internazionali causando un blocco degli investimenti. Presumiamo che la maggior parte degli esportatori abbia raggiunto il livello più basso ad aprile. Per quanto riguarda le esportazioni del settore Mem nei Paesi asiatici, ad aprile avevano già mostrato una tendenza al rialzo, tuttavia le perdite di reddito e l’aumento della disoccupazione persisteranno ancora a lungo. I settori particolarmente dipendenti dalla fiducia dei consumatori, come l’industria orologiera, dovranno attendere ancora a lungo prima di una ripresa».

Alberto Silini, responsabile Consulenza presso Switzerland Global Enterprise (S-GE), dal canto suo constata che «la crisi del coronavirus ha frenato il commercio globale. Le PMI svizzere attive a livello internazionale sono fortemente colpite da questo crollo che riflette chiaramente il livello più basso nella storia del clima delle esportazioni. Il nostro sondaggio mostra tuttavia che nel frattempo numerose aziende si sono stabilizzate e tornano a guardare con ottimismo al futuro. Dopo una fase caratterizzata dalla gestione della crisi, le PMI svizzere devono ora adattare rapidamente le proprie catene del valore alle nuove realtà e ritornare nei mercati target con una strategia migliore rispetto alla concorrenza internazionale. La diversificazione dei mercati e delle fonti di approvvigionamento nonché l’utilizzo di strumenti che tutelano dai rischi di cambio e da ulteriori rischi di esportazione giocano un ruolo importante in questo contesto».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE