Economia

Gli italiani stanno tornando

I timori di una crisi sistemica stanno facendo riaffacciare sulle sponde del Ceresio i risparmiatori della Penisola alla ricerca di sicurezza

Da qualche settimana si nota un certo fermento (Ti-Press)
25 ottobre 2018
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Per alcuni anni sulla piazza finanziaria ticinese c’è stata molta calma. Dopo le operazioni di rimpatrio della Voluntary disclosure del 2015, la clientela italiana non è più cresciuta e sembrava avesse abbandonato le rive del Ceresio. I recenti timori di una crisi sistemica che potrebbe colpire l’Italia hanno fatto riscoprire – per ora a livello d’interesse e nell’ottica di diversificare il rischio – la piazza finanziaria ticinese. Scomparso il segreto bancario per i non residenti, l’approccio è ora orientato alla trasparenza fiscale e al rispetto di tutti gli standard internazionali. Per il cliente milanese o quello berlinese aprire un conto in Svizzera o in patria non fa nessuna differenza a livello fiscale. La differenza è data dal fatto che varcando il confine si accede a un sistema Paese – quello elvetico – considerato solido e sicuro rispetto a quanto potrebbe accadere in Europa.


«Nelle ultime settimane stiamo notando un aumentato interesse da parte della clientela italiana», ci conferma Ivan Curcio, responsabile del Private Banking della Cornèr Banca a Lugano. «Prevalentemente si tratta di persone che conoscono già il sistema bancario svizzero o per essere stati clienti in passato (rientrati in Italia con la Voluntary disclosure, ndr) o perché, interessati a diversificare i propri risparmi, riconoscono alla Svizzera quei fattori di stabilità e sicurezza che non ritrovano più in patria», continua Curcio. Naturalmente le nuove relazioni sono completamente conformi agli standard fiscali internazionali che non contemplano più il segreto bancario. «Standard a cui il sistema finanziario svizzero – come è noto – si è adeguato da alcuni anni». «Il nuovo cliente italiano è cosciente di questo e ricerca quindi un posto sicuro in caso di crisi sistemica nella zona euro. E i precedenti non sono mancati negli ultimi anni», aggiunge Ivan Curcio che precisa che la tendenza a diversificare il rischio non dovrebbe esaurirsi con la situazione contingente del dibattito aspro tra Roma e Bruxelles attorno alla manovra finanziaria italiana, con il corollario – non secondario – dello spread crescente. «I risparmiatori sono molto più sensibili alle dinamiche dei mercati e cercano – legittimamente – di tutelare il loro patrimonio, piccolo o grande che sia», conclude il direttore Private banking di Cornèr Banca.


Prospettiva, quest’ultima, confermata anche da Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese: «Dati non ce ne sono, ma da quattro settimane nelle banche ticinesi c’è fermento», ha dichiarato martedì ai microfoni di TeleTicino. «Non si può parlare di una vera fuga di capitali. Ma sicuramente c’è fermento, nel senso che ci sono diversi interessati, persone che vogliono capire a quali condizioni è possibile effettuare un trasferimento del proprio patrimonio in Svizzera».
Sulla stampa italiana, anche quella nazionale e specializzata (‘Il Sole24Ore’ e ‘laRepubblica’ si parla addirittura di una fuga di capitali alimentando timori e paure, legittime, anche nei piccoli risparmiatori. Da qui il ritrovato interesse per diversificare il rischio, diminuendolo. In questo senso, la Svizzera ha sempre qualche carta interessante da giocare.

 

Si stanno creando le premesse per una tempesta perfetta

Roma e Bruxelles, ovvero il Governo italiano e la Commissione europea, in questi mesi – per vari motivi, prevalentemente politici – mal si sopportano e l’oggetto del contendere è la manovra finanziaria per il 2019 la quale prevede uno sforamento, rispetto a quanto concordato negli anni scorsi, del rapporto deficit/Pil fino al 2,4%. “Una deviazione senza precedenti dagli obiettivi concordati”, ha affermato nei giorni scorsi il commissario Pierre Moscovici respingendo – a nome della Commissione Ue – il documento presentato dal Governo italiano e dando tre settimane di tempo per riscrivere l’intero testo. Proposta per ora rigettata al mittente. Secondo i tecnocrati di Bruxelles le ipotesi di crescita del Pil, su cui si basano i calcoli del Ministero italiano delle finanze, sono al limite del fantasioso. Dimenticano, i tecnici, che spesso anche le previsioni di autorevoli istituzioni – Fmi su tutti – sono state puntualmente smentite dai fatti.


Ma sono i mercati, mossi non solo dalle decisioni ‘sgradite’ di politica economica, che in questo momento stanno punendo eccessivamente il sistema Italia. Lo spread, il differenziale di rendimento tra i titoli decennali italiani Btp e gli omologhi tedeschi, è salito ben oltre i 320 punti. Questo vuol dire che i nuovi prestiti – pubblici o privati – costano mediamente oltre 3 punti percentuali in più rispetto a quelli tedeschi. Sono tutti soldi che vanno a remunerare i creditori a discapito degli investimenti. L’altro lato della medaglia è il contestuale calo del valore dei titoli di credito targati Italia. Un fattore che ha un impatto spropositato sui livelli di patrimonializzazione degli istituti bancari visto che il sistema finanziario italiano era appena uscito, vincente, da una stagione di aumenti di capitali e di pulizia dei crediti deteriorati. La recente valutazione negativa sulle prospettive del debito pubblico italiano dell’agenzia di rating Moody’s ha portato ieri ad abbassare anche il giudizio di solvibilità su 12 istituzioni finanziarie italiane, tra cui otto banche. Venerdì toccherà a Standard & Poor’s rendere noto il proprio voto. Se sarà negativo, come è probabile, si sarà a un passo dalla tempesta finanziaria perfetta. Insomma, previsioni che si autoavverano.

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