Economia

La digitalizzazione spaventa

I giovani americani e i loro coetanei brasiliani pessimisti sul loro futuro professionale. Meno lo sono gli svizzeri.

27 agosto 2018
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Bisogna prepararsi al fatto che non si svolgerà lo stesso mestiere durante tutto l’arco della propria vita professionale e che il posto fisso è ormai un lontano ricordo. Affermazioni che esperti delle dinamiche lavorative ed economisti facevano già dieci o venti anni fa, ma che i cambiamenti tecnologici in atto hanno reso tangibili anche a chi era più scettico su questi fenomeni.

Gli sviluppi tecnologici (digitalizzazione e intelligenza artificiale) modificano continuamente il mercato del lavoro tanto che oggi è praticamente impossibile dire con certezza quale mestiere farà tra vent’anni un bambino appena nato. Ci sono i ‘futurologi’ che si sono sbizzarriti a ipotizzare i mestieri del futuro, ma l’unica certezza è che quello che oggi appare solido e duraturo è destinato a frantumarsi dopo pochi anni, per essere sostituito da qualcos’altro di altrettanto effimero. E di questo ne sono coscienti i giovani tra i 16 e i 25 anni (individuati dalla sociologia con la categoria dei ‘Millennials’, ndr), come emerge dal tradizionale ‘Barometro della gioventù’ pubblicato dal Credit Suisse.

Lo studio – che tiene conto di realtà economiche completamente diverse tra loro (Stati Uniti, Brasile, Singapore e Svizzera) fotografa proprio questi aspetti, tanto che la stragrande maggioranza dei giovani (il 79% dei giovani Usa; il 74% dei brasiliani e il 76% dei ragazzi di Singapore) teme che in futuro il proprio lavoro non serva più. In queste tre realtà economiche, così differenti tra loro, la maggioranza dei ‘Millennials’ si sente insicura e si aspetta che il progresso tecnologico del mercato del lavoro cambi sostanzialmente. In pratica non sono certi che in questo nuovo mondo avranno o troveranno ancora un posto di lavoro.

Svizzera in controtendenza

I giovani svizzeri sono più ottimisti da questo punto di vista, tanto che il solo 34% di loro teme la scomparsa della propria professione. Per gli economisti del Credit Suisse ci sono due possibilità per spiegare questo divario con le altre economie: o il Paese è rimasto indietro rispetto agli sviluppi del mercato del lavoro internazionale e lo shock deve ancora arrivare, oppure la Svizzera è più preparata alle sfide poste da digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale.

Boris Zürcher, responsabile della direzione della Seco propende per la seconda ipotesi. “Dal punto di vista sociale, economico e politico siamo ben preparati ad accogliere il cambiamento tecnologico”, afferma Zürcher, citato dallo studio del Credit Suisse.

Eppure, mentre in Usa, Brasile e Singapore la maggioranza dei giovani intervistati giudica interessante il settore della tecnologia, in Svizzera sono meno della metà i ragazzi interessati da questo ambito. Per Zürcher ciò non è un problema. “Non tutti possono o vogliono diventare specialisti della tecnologia”, afferma. La domanda di forza lavoro in questi settori è in aumento. In futuro serviranno – e servono già ora – anche persone con abilità artigianali o sociali. Proprio nel settore sanitario o della formazione persiste un elevato fabbisogno di personale qualificato. Ed è proprio quello sociosanitario, anche a livello internazionale, il settore con più alto fabbisogno di personale. Anche in futuro.

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