I giovani americani e i loro coetanei brasiliani pessimisti sul loro futuro professionale. Meno lo sono gli svizzeri.
Bisogna prepararsi al fatto che non si svolgerà lo stesso mestiere durante tutto l’arco della propria vita professionale e che il posto fisso è ormai un lontano ricordo. Affermazioni che esperti delle dinamiche lavorative ed economisti facevano già dieci o venti anni fa, ma che i cambiamenti tecnologici in atto hanno reso tangibili anche a chi era più scettico su questi fenomeni.
Gli sviluppi tecnologici (digitalizzazione e intelligenza artificiale) modificano continuamente il mercato del lavoro tanto che oggi è praticamente impossibile dire con certezza quale mestiere farà tra vent’anni un bambino appena nato. Ci sono i ‘futurologi’ che si sono sbizzarriti a ipotizzare i mestieri del futuro, ma l’unica certezza è che quello che oggi appare solido e duraturo è destinato a frantumarsi dopo pochi anni, per essere sostituito da qualcos’altro di altrettanto effimero. E di questo ne sono coscienti i giovani tra i 16 e i 25 anni (individuati dalla sociologia con la categoria dei ‘Millennials’, ndr), come emerge dal tradizionale ‘Barometro della gioventù’ pubblicato dal Credit Suisse.
Lo studio – che tiene conto di realtà economiche completamente diverse tra loro (Stati Uniti, Brasile, Singapore e Svizzera) fotografa proprio questi aspetti, tanto che la stragrande maggioranza dei giovani (il 79% dei giovani Usa; il 74% dei brasiliani e il 76% dei ragazzi di Singapore) teme che in futuro il proprio lavoro non serva più. In queste tre realtà economiche, così differenti tra loro, la maggioranza dei ‘Millennials’ si sente insicura e si aspetta che il progresso tecnologico del mercato del lavoro cambi sostanzialmente. In pratica non sono certi che in questo nuovo mondo avranno o troveranno ancora un posto di lavoro.
I giovani svizzeri sono più ottimisti da questo punto di vista, tanto che il solo 34% di loro teme la scomparsa della propria professione. Per gli economisti del Credit Suisse ci sono due possibilità per spiegare questo divario con le altre economie: o il Paese è rimasto indietro rispetto agli sviluppi del mercato del lavoro internazionale e lo shock deve ancora arrivare, oppure la Svizzera è più preparata alle sfide poste da digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale.
Boris Zürcher, responsabile della direzione della Seco propende per la seconda ipotesi. “Dal punto di vista sociale, economico e politico siamo ben preparati ad accogliere il cambiamento tecnologico”, afferma Zürcher, citato dallo studio del Credit Suisse.
Eppure, mentre in Usa, Brasile e Singapore la maggioranza dei giovani intervistati giudica interessante il settore della tecnologia, in Svizzera sono meno della metà i ragazzi interessati da questo ambito. Per Zürcher ciò non è un problema. “Non tutti possono o vogliono diventare specialisti della tecnologia”, afferma. La domanda di forza lavoro in questi settori è in aumento. In futuro serviranno – e servono già ora – anche persone con abilità artigianali o sociali. Proprio nel settore sanitario o della formazione persiste un elevato fabbisogno di personale qualificato. Ed è proprio quello sociosanitario, anche a livello internazionale, il settore con più alto fabbisogno di personale. Anche in futuro.