Economia

È morto Sergio Marchionne, il decesso per arresto cardiaco

Era stato ricoverato all'ospedale universitario di Zurigo lo scorso 28 giugno per un intervento chirurgico a una spalla. Il decesso per arresto cardiaco

25 luglio 2018
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Sergio Marchionne è deceduto oggi all'ospedale universitario di Zurigo, dove era ricoverato dal 28 giugno per un intervento chirurgico a una spalla. Le sue condizioni erano in seguito peggiorate fino ad essere definite "irreversibili". A dare la triste notizia è stato John Elkann, amministratore delegato di Exor, la holding del gruppo Agnelli. 

Secondo quanto appreso dall’agenzia italiana Ansa, complicazioni "inattese" hanno portato ad un arresto cardiaco. Portato in rianimazione, non era attaccato alle macchine in modo sistematico. Lì ha avuto un nuovo attacco cardiaco che lo ha portato a morte naturale.

Di fronte all'aggravarsi delle condizioni del manager 66enne la Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sabato scorso aveva proceduto alla sostituzione ai vertici nominando Mike Manley che oggi farà il suo debutto davanti agli analisti della comunità finanziaria di Londra. Inoltre oggi sono anche attesi i conti di Fca del secondo trimestre dell'anno.

Manley oggi a margine della presentazione dei risultati ha parlato di "una giornata triste e difficile" e di una notizia che "mi ha spezzato il cuore". "Non c'è dubbio che Sergio fosse uomo speciale che ci mancherà", ha affermato. "Ho trascorso 9 anni parlando con Sergio ogni giorno e il mio cuore è spezzato", ha inoltre detto. "Il rapporto tra noi era basato sulla trasparenza, sulla focalizzazione sugli obiettivi e, cosa più importante di tutte, sul rispetto", ha aggiunto Manley, che ha espresso condoglianze alla famiglia. Come "anche Sergio Marchionne aveva anticipato" il secondo trimestre è stato "duro" per Fca, ha sottolineato Manley.

Marchionne era apparso l'ultima volta in pubblico lo scorso 26 giugno quando consegò una Jeep Wrangler ai carabinieri. La cerimonia si svolte nel parco del Comando Generale dell’Arma a Roma. Durante il discorso chiarì: «Mio padre era un maresciallo dei Carabinieri. Per me è un onore e un privilegio poter consegnare a nome della Fca le chiavi di questa Jeep Wrangler al Comandante Nistri».

Il manager che cambiò la Fiat

Il manager che gioca a poker e che si è laureato in filosofia. Figura atipica, Sergio Marchionne. Sarà ricordato come l'imprenditore che nel 2004 ha salvato la Fiat dal fallimento e l'ha trasformata nel settimo gruppo automobilistico mondiale. Ma è anche l'uomo dei piani industriali ambiziosi, "non per deboli di cuore", presentati con il sottofondo musicale del jazzista afroamericano Bobby McFerrin. Passeranno alla storia l'acceso scontro sindacale nelle fabbriche, la svolta nelle relazioni industriali con l'uscita da Confindustria, l'alleanza con Chrysler benedetta dalla Casa Bianca.

Nato a Chieti il 17 giugno di 66 anni fa, Marchionne è figlio di un maresciallo dei carabinieri e con l'Arma manterrà sempre un forte legame al punto che, quasi per un segno del destino, l'ultima immagine pubblica è la consegna di una Jeep Wrangler al Comando Generale a Roma. A 14 anni si trasferisce con la famiglia in Canada, dove consegue tre lauree, in Filosofia, Economia e Giurisprudenza. Inizia l'attività da manager in Svizzera e nel 2002 assume le redini di Sgs, il colosso che opera nei servizi di certificazione. L'anno successivo entra nel consiglio Fiat, voluto da Umberto Agnelli e nel 2004, dopo la sua morte, diventa amministratore delegato al posto di Giuseppe Morchio, a fianco di Luca di Montezemolo e di John Elkann.

Marchionne è un grande negoziatore e a Torino lo dimostra subito ridiscutendo con le banche il prestito da 3 miliardi e l'accordo con General Motors. Ma è anche un duro. Sul fronte sindacale porta avanti la battaglia contro la rigidità del contratto nazionale e si scontra con la Fiom, negli stabilimenti e nei tribunali, sul nodo della governabilità delle fabbriche. Chiede flessibilità come condizione per investire a Pomigliano e a Mirafiori, con la minaccia di un 'Piano B' che vuol dire portare altrove gli investimenti, fino alla vittoria del sì nei referendum e la divisione mai sanata tra i sindacati. Apre un altro fronte con Confindustria e a inizio 2012 esce dall'associazione. Una decisione clamorosa perché a inizio '900 la Fiat era stata uno dei suoi soci fondatori.

Lavoratore infaticabile

Quattordici anni contrassegnati dal lancio di nuovi modelli, con lo spostamento del baricentro dall'auto di massa al segmento premium, gli scorpori di Fiat, Ferrari e Cnh e quello avviato di Magneti Marelli, il rilancio dell'Alfa Romeo e i record della Jeep, lo sbarco a Wall Street. Sempre in volo tra l'Europa, l'America e il Brasile, resistente al fuso orario, lavoratore infaticabile, Marchionne è convinto della necessità di un consolidamento nell'auto, "settore a metà strada dal paradiso e solo un miglio fuori dall'inferno", ma il tentativo di accordo con General Motors, fallisce per l'opposizione dell'ad Mary Barra. Non mancano gli errori, ammessi con serenità, come il ritardo dello sbarco in Cina e le false partenze di Alfa Romeo.

'Il preferito' da Trump

Al centro anche delle relazioni politiche mondiali, ma senza intenzione di fare parte di quel mondo ("Scherziamo? Io faccio il metalmeccanico", aveva detto): amato da Barack Obama ma anche 'il preferito' del presidente Donald Trump, pronto a trattare con la cancelliera Angela Merkel quando prova a comprare la Opel.

Corteggiato in Italia da Silvio Berlusconi, che gli offre la candidatura a leader del centrodestra, a fasi alterne con Mario Monti e Matteo Renzi. Fiat, poi Fca e dal 2014 anche Ferrari dove lo porta la grande passione per il Cavallino e dove sarebbe rimasto fino al 2021: presente ai Gran Premi, lui stesso a bordo di bolidi della Rossa, a settembre avrebbe presentato il nuovo piano industriale. Non ha fatto in tempo, ma il futuro lo ha tracciato con l'annuncio del primo suv e di una supercar elettrica.

Look casual e grande fumatore

Grande fumatore fino a qualche mese fa, Marchionne, appassionato di jazz e lirica ma anche di cantautori come De André, è l'uomo dal look casual. L'abito formale non l'ha mai amato. Nessun dress code rigoroso neppure agli appuntamenti ufficiali, come la visita della Merkel a Maranello. Il suo preferito è il pullover nero a girocollo, comprato in serie su internet. Niente mondanità, meglio un libro o una buona cena, l'attesa di una vita più normale con la sua compagna Manuela che è rimasta fino alla fine accanto a lui. "Marchionne lascerà un copione o istruzioni? Non ci sono copioni. Fca è un insieme di culture e di manager nati dalle avversità", sono le sue ultime parole a Balocco.

Quando rideva dell'imitazione fatta da Crozza

Tra i momenti pubblici memorabili del manager vi è sicuramente quando assistette dal vivo e in studio su 'La 7' alla sua caricatura proposta dal comico Maurizio Crozza.

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