Economia

Bancari stressati ed esauriti: il caso limite di un call center a Chiasso

(Gabriele Putzu)
6 settembre 2017
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"Nel settore impiegatizio e bancario, tradizionale sbocco per i lavoratori residenti, si assiste ad un grave e costante deterioramento delle condizioni di lavoro e ad un aumento molto forte della pressione sui dipendenti. Una condizione permanente di stress può condurre ad esaurimento psichico, ormai la causa di quasi metà delle rendite per invalidità distribuite ogni anno". Lo fa presente in una nota l'Organizzazione cristiano-sociale ticinese (Ocst) denunciando con forza una situazione riguardante un call center di Chiasso, attivo per conto della banca Credit Suisse.

"Anche nel settore terziario, si può ledere la dignità dei lavoratori: sfruttati e abbandonati al primo cedimento. Questo accade nei piccoli uffici, nelle fiduciarie, nei call center delle assicurazioni, ma anche nelle grosse banche: la situazione descritta in questo documento è quella del call center per la vendita di prodotti bancari del Credit Suisse di Chiasso" denuncia il sindacato.

“Le tante testimonianze che giungono all’Ocst parlano di una storia comune: durante il colloqui di lavoro i responsabili dimostrano di essere accomodanti e disponibili, dissipano i dubbi e le insicurezze di chi si presenta per un posto di lavoro per il quale magari non ha preparazione; promettono formazione e sostegno. Tutto cambia il primo giorno di lavoro: i colleghi sono sotto stress, non possono e non devono essere disturbati. La formazione promessa viene elargita tramite un sito, si studia da soli e a casa, e si trasforma in un’ulteriore forma di stress per il raggiungimento di una certificazione necessaria, pena il licenziamento. Ci si ritrova allo sbaraglio, soli, a gestire degli obiettivi molto ambiziosi che crescono con il passare dei mesi e degli anni e vengono verificati in pressanti colloqui mensili. Quando la pressione aumenta, e magari il dipendente pone qualche domanda o fa qualche richiesta, è allora che si interviene con l’introduzione di un periodo di valutazione intermedio: non superarlo può significare perdere il posto di lavoro”scrive l'Ocst che riporta anche due testimonianze di lavoratori. 

“Era programmato un periodo di due mesi di monitoraggio. In marzo ho raggiunto il 137% degli obiettivi. In aprile, dovendo consumare i giorni di vacanza e per via dei giorni festivi, ho lavorato solo 11 giorni su 16 e ho raggiunto il 71%. In media ho raggiunto pienamente l’obiettivo dei due mesi, ma la discontinuità, certamente non dovuta al mio impegno, è stata la causa del licenziamento”.

“Ogni collaboratore ha degli obiettivi da raggiungere a fine anno, in realtà questo non basta. Non è accettata una discontinuità. Se a gennaio mi viene posto l’obiettivo di 120 contratti all’anno, non basta farne 10 al mese e non è consentito farne 12 un mese e 8 il mese successivo. Gli obiettivi annuali diventano obiettivi minimi e vengono verificati, in modo pressante: mensilmente, settimanalmente, giornalmente”.

Esaurita la produttività del dipendente interviene una pratica aggressiva di licenziamento, spiega il sindacato. Si chiede di consegnare una lettera di licenziamento entro una data stabilita; il dipendente che lo farà potrà sperare, anche se la speranza si è dimostrata vana per tutti i coinvolti nella vicenda, in un ricollocamento interno. In alternativa, il dipendente non ha diritto ad accedere a questa misura di sostegno e verrà licenziato comunque, con un mese in meno di disdetta.



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