Economia

‘Siamo una porta verso l’Oriente più attraente di quella europea’

Gian Luca Olivieri, Ceo di Financial Technologies
12 giugno 2017
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Negli ultimi mesi è nata una discussione pubblica, soprattutto oltre San Gottardo, sugli investimenti cinesi in Svizzera. Pensiamo a Syngenta su tutte, ma non solo. Abbiamo chiesto a Gian Luca Olivieri, Ceo del gruppo Financial Technologies con sedi a Lugano e Ginevra e uffici a Shanghai, quale sia il quadro regolatorio tra Svizzera e Cina nell’ambito degli investimenti. 

Visto che la Cina sta gradualmente codificando le norme di condotta richieste ai propri investitori strategici nazionali che desiderano effettuare investimenti all'estero o realizzare investimenti domestici in partnership con soggetti esteri, le operazioni a valenza cross-border possono essere condotte unicamente sulla base di un presupposto di collaborazione tra le parti. Questo rappresenta un grande cambiamento rispetto al passato, quando gli investimenti cinesi all'estero erano completamente deregolamentati e lasciati al libero arbitrio ed apprezzamento degli investitori medesimi, ciò che esponeva le controparti occidentali a non poche false speranze. Questa volontà del governo cinese di riscattare l'immagine di serietà dei propri operatori nazionali nelle attività connesse all’estero costituisce un’insperata tutela anche per le controparti europee, un'opportunità nuova e molto importante, che consente di inquadrare gli accordi sotto una luce nuova, sulla base di regole, autorizzazione ed un Committment effettivo. Finisce un’epoca, quella della creatività metodologica e procedurale, che ha visto molti imprenditori illudersi per manifestazioni d’interesse da parte di soggetti asiatici, poi mai concretizzatesi in tavoli negoziali seri.
Accompagnare gli imprenditori verso soluzioni concludenti e tutelate: questa è la missione di Financial Technologies, per la quale siamo anche stati certificati Iso, per primi, secondo lo Swiss Quality System.

Quali sono, se ci sono ovviamente, gli ostacoli principali?

I principali ostacoli alla conclusione di accordi cross-border sono rappresentati dalle difficoltà, per chi opera dall'Europa, nel conoscere le complesse e recenti disposizioni emanate dal governo cinese sulla scorta dell’azione di contrasto all’esportazione di valuta, ed applicabili agli investitori che operano su scala internazionale. Solo chi dispone di una struttura rodata in loco ed adeguatamente attrezzata di personale madre lingua è in grado di interloquire con gli investitori e con le diverse istanze autorizzative preposte, con le quali detti investitori devono ora confrontarsi in via preliminare, rendendo praticabili ma più complesse operazioni che, così come fino a poco tempo fa non richiedevano alcuni iter autorizzativo, allo stesso modo potevano essere concluse senza giustificazione alcuna. Per curare in maniera specifica un’operazione d’impresa nello scenario normativo attuale sono richieste competenze specialistiche piuttosto sofisticate, così come un'adeguata conoscenza della cultura che caratterizza queste controparti, profondamente differente dalla nostra.

Il recente accordo di libero scambio tra Svizzera e Cina sta dando i frutti sperati?

L’applicazione dell'accordo di libero scambio è soltanto agli albori. I vantaggi più facilmente percepibili sono quelli di natura doganale, sui dazi, ma l'accordo sino-svizzero ne prevede molti altri, altrettanto importanti, cha spaziano dalle clausole contrattuali di salvaguardia alla protezione delle proprietà intellettuali, ma che sono ancora pressoché sconosciuti alle imprese che di fatto ne potrebbero beneficiare.

Come si colloca invece il Ticino in questo processo in atto?

Il Ticino resta per ora ancora piuttosto ancorato al passato; sono pressoché inesistenti gli operatori attrezzati per essere in grado di offrire alle imprese svizzere ed anche europee, dalla Svizzera, un servizio ad elevato valore aggiunto in grado di metterle in condizione di beneficiare di un vero vantaggio strategico derivabile da operazioni cross-border, e che potrebbero riqualificare la piazza svizzera, che grazie a questo accordo è invece in posizione di offrire una porta privilegiata attraverso cui siglare accordi con controparti cinesi, ben più attraente rispetto a quella offerta dall’Unione Europea. Noi operiamo dalle tre principali piazze svizzere, convergendo sulla nostra collegata Financial Technologies (Shanghai) Holdings, società cinese controllata dalla Svizzera, che dialoga in via continuativa con i più interessanti investitori strategici e con i vari enti coinvolti nei nuovi iter operativi dettati dal Partito.

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