Dib. Elettorale

A che cosa serve fare politica

14 marzo 2019
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Capita spesso di leggere o sentire l’espressione “lobby dei contadini”, cioè la famosa lobby agricola che a Berna sembrerebbe comandare. La parola lobby non è mai intesa come qualcosa di positivo. Sovente è identificata con uno spazio architettonico, un po’ come un ballatoio, che si trova in alto ed è difficile da scorgere. Lì si riuniscono quelli che regnano e che agiscono nell’ombra, all’insaputa di tutti. Pensare oggi all’abbinamento della parola “lobby” con “contadini” mi fa sorridere. Soprattutto pensando a chi agisce di nascosto ed esercita un potere dall’alto, perché in fondo è quello il significato brutto della parola. Ma come è possibile una definizione del genere per il nostro settore, dove ciò che somiglia di più a una loggia sono i sedili dei grandi trattori o qualche parte sopraelevata della stalla? Oppure quando sembra che non facciamo altro che batterci contro i potenti, con scarsi risultati, per non sacrificare terreno agricolo, o per proteggere le nostre bestie e i nostri campi, o ancora per avere salari e prezzi dignitosi per i nostri prodotti. Basandomi sulle mie esperienze personali, credo che il senso principale del fare politica sia di essere capaci di rappresentare gli interessi di un determinato gruppo di persone, di cittadini. Mi capita spessissimo di partecipare ad assemblee e riunioni di associazioni che sovente si sentono impotenti e non rappresentate per niente dalla politica. Quante lamentele e rimproveri rivolti a chi ci governa, la tentazione è forte, e molte volte le critiche non sono completamente fuori luogo. Ma c’è anche un’altra possibilità: consiste nell’impegnarsi e nel provarci. Si parla spesso di quanti oramai non vadano più nemmeno a votare e ci si chiede che fine possa fare in questo modo la politica, specialmente per le generazioni future. Ma lo stesso problema si presenta se nessuno si candida e si prende la responsabilità di rappresentare qualcun altro, per difenderlo e portare avanti un ideale e dei progetti concreti. Durante la campagna per le elezioni (e poi dopo nelle aule del parlamento per chi ci approda) si creano delle alleanze e dei compromessi con dei candidati che talvolta hanno idee diverse dalle proprie. Quello che mi auguro, in ogni caso, è che in futuro tutti possano essere più sensibili e vicini alle esigenze del primario. Ma soprattutto abbiano a cuore le questioni agricole anche delle valli, perché niente nasce dal nulla e abbiamo bisogno di un Ticino più unito. Dietro alla “potenza” agricola a Palazzo federale c’è tanto duro lavoro e una perfetta organizzazione, curata nei minimi dettagli. Non possiamo di certo farne a meno neanche nel nostro piccolo cantone.

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