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Un Cantone in coma farmacologico

11 marzo 2019
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Sembra assurdo pensarlo e scriverlo, ma il Ticino è un paziente malato dove si fa di tutto per non mostrarlo, ma la cartella clinica è sotto gli occhi di tutti noi e non possiamo più nasconderla. Sviluppo economico, sviluppo territoriale e della mobilità, sviluppo del mercato del lavoro, sviluppo del turismo e sviluppo della socialità e dell’educazione. Questi sono i cinque punti che mi stanno a cuore per contribuire a risvegliare questo paese dal “coma farmacologico” in cui si trova. Gli eventi che lo hanno portato in un letto d’ospedale li conosciamo tutti benissimo e in questa mia breve opinione vorrei toccare due dei cinque punti elencati sopra.
Il primo: sviluppo della socialità, della sanità e dell’educazione.
Non pochi sono i cittadini ticinesi che vivono al margine della società perché sul territorio mancano gli strumenti per la riqualificazione professionale secondo gli standard e le richieste odierne. Indispensabile puntare su programmi di formazione e su un’educazione che formi i giovani con delle qualifiche che effettivamente sono indispensabili per trovare un impiego oggi. Abbiamo e avremo in futuro molte professioni che non corrispondono alla formazione scolastica offerta oggi. Questa mancanza professionale vien sostituita ovviamente dalla manodopera estera. Dobbiamo reagire e ristrutturare le formazioni scolastiche, specie nel campo dell’apprendistato e per coloro che si trovano in disoccupazione o in assistenza, nelle riqualifiche specializzate.
D’altra parte, socialità e sanità continueranno ad essere una priorità, al fine di offrire ai cittadini dei servizi di livello e secondo le esigenze. Non possiamo permetterci di semplicemente aiutare le persone innaffiandole di sussidi e così lavandoci la coscienza. Il sistema necessita di aiuti mirati e ben spesi. In contropartita le persone aiutate a rialzarsi dovrebbero sentirsi in obbligo di contribuire attivamente e concretamente a favore del benessere del paese. Quindi impegnandosi a rientrare nel circuito lavorativo e produttivo. Solo così si potrà avere una sana e competitiva società. No a fannulloni e lazzaroni compiacenti di restar mantenuti a vita dallo Stato e quindi dai contribuenti tutti.
La sanità andrà rivista di nuovo in Ticino, troppe lacune emergono ancora e i costi sanitari esorbitanti e di casse malati sono la dimostrazione che il sistema non regge più. Questo a livello svizzero come sul piano cantonale.
Secondo punto: sviluppo del territorio e della mobilità.
Imbottigliamenti, traffico e scarsa mobilità continuano ad essere al centro delle discussioni in tutto il territorio ticinese. Così come i mezzi pubblici che in molte parti non sono ancora all’altezza di poter parzialmente sostituire i mezzi privati. Questo per diversi fattori tra cui il problema della conformità del nostro territorio.
Colonne sulle autostrade e sulle arterie secondarie che portano verso i confini sud del Cantone portano al collasso il sistema viario. Ci si deve veramente impegnare per forzare anche da parte italiana l’abbandono del vecchio e attuale concetto: 1 auto 1 passeggero.
Siamo presenti in diverse istituzioni svizzero-italiane, come la Regio Insubrica, ed è proprio in queste sedi che dovremmo puntare i piedi, affinché l’Italia contribuisca a ridurre il proprio traffico transfrontaliero d’oltre confine. Da parte nostra ovviamente dovremmo anche noi fare la nostra parte e all’orizzonte nel Luganese arriverà la nuova struttura del tram-treno. Un passo importante così come l’AlpTransit da Lugano verso Chiasso (non ancora pianificato ma in discussione a Berna) e la circonvallazione Agno-Bioggio, mentre nel Sopraceneri la bretella che collegherà la A2 a Locarno. Tutti progetti e sforzi notevoli per migliorare la mobilità. Ci attendiamo le stesse cose oltre confine affinché non sia il Ticino a pagarne sempre le spese del frontalierato quotidiano che ogni giorno invade le nostre infrastrutture viarie.

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