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Le manifestazioni per il clima sono i piccoli gesti quotidiani

28 febbraio 2019
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Per Donald Trump il surriscaldamento non esiste, mentre migliaia di giovani in tutto il mondo, sulla scia della coraggiosa sedicenne svedese Greta Thunberg, stanno protestando affinché vengano finalmente intraprese azioni urgenti per arginare il cambiamento climatico, che di questo passo condurrà la Terra alla morte. Senza essere scienziati, ma il fatto che importanti mutamenti siano in atto è sotto gli occhi di tutto: siccità, scarsità di neve, scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello dei mari, perdita di biodiversità, fenomeni temporaleschi accompagnati da precipitazioni estreme tipiche da clima tropicale, frequenti canicole… Oggi le stagioni come le abbiamo tradizionalmente conosciute e studiate non esistono proprio più e io – come molti cittadini con cui ho modo di confrontarmi nel quotidiano ­– sono sinceramente preoccupata. ‘The Day after tomorrow’ è un film del 2004, in cui il regista Roland Emmerich rende reali alcune conseguenze legate allo scioglimento dei ghiacci, con conseguenti manifestazioni estreme che si susseguono, portando devastazione, distruzione, morte, allagamenti e glaciazioni. I film post apocalittici, incentrati sull’imminente fine, in cui la Terra è ormai distrutta da disastri naturali, pandemie o guerre nucleari, gli esseri umani rimasti sono pochi e costretti a vivere in situazioni disperate si susseguono negli ultimi anni. Al di là della spettacolarizzazione degli eventi che contraddistingue ogni film che mira al guadagno, a mio avviso sono trame che devono fare riflettere. E che l’impatto umano comporti conseguenze devastanti al nostro Pianeta è un aspetto che non può più essere sottovalutato.
Tra il negazionismo e il catastrofismo ci sono cinquanta sfumature di grigio, ma ritengo che oggigiorno non possiamo più permetterci di stare a guardare, aspettando che gli altri facciano la loro parte prima di attivarci. Ed è preoccupante come dai messaggi programmatici che si sono susseguiti dopo la Convenzione sul clima del 1992, la situazione non sia migliorata e quello che al tempo era un semplice “problema mondiale” oggi è diventata una vera e propria urgenza. Penso di non dire un’eresia se ritengo che gli obiettivi del Protocollo di Kyoto siano miseramente falliti, mentre l’Accordo di Parigi è l’ultimo degli impegni presi dalla maggior parte degli Stati finalizzato ad un impegno collettivo per ridurre l’emissione di gas serra, pure destinato a cadere nel vuoto se i grandi Stati e coloro che ne tirano le redini non s’impegneranno attivamente e seriamente per concretizzarne gli obiettivi. E temo che i motivi economici per non volere veramente cambiare le cose ai piani alti siano ancora troppi.
Ma non possiamo stare qui a guardare la nostra Terra morire: lo dobbiamo alla natura e alle future generazioni, affinché possano godere ancora delle bellezze del mondo. Nel nostro piccolo, con tanti gesti possiamo tutti impegnarci per fare qualcosa di utile. E fanno bene i giovani a manifestare! Ben vengano le mobilitazioni che partono dal basso e che mirano a coinvolgere la società civile, come lo sciopero per il clima previsto il prossimo 15 marzo. Spero però oltre alle manifestazioni vi sia poi una conseguenza concreta nei comportamenti quotidiani e che chiunque partecipi all’evento dia poi il proprio contributo per attuare misure urgenti per contrastare il surriscaldamento del pianeta. Altrimenti, tutto ciò servirà a poco e il punto di non ritorno, dal quale la Terra agonizzante non potrà più risollevarsi, avanzerà inesorabilmente.

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