Dib. Elettorale

In campagna elettorale: votare chi promette e mantiene!

18 febbraio 2019
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Siamo in campagna elettorale e, fra un aperitivo e l’altro, si fanno largo le formule semplicistiche e le colpevolizzazioni facili. Tra le più gettonate, per una certa destra, l’invettiva contro l’immigrazione che ruba il pane ai “nostri”. Risponde una parte della sinistra con la scomunica del “neoliberismo”, della globalizzazione o dell’economia di mercato in genere. Da un lato, la chiusura nazionalistica, tragicomica in un mondo come il nostro connesso da 8 miliardi di telefonini. Dall’altro, utopie, o, peggio, nostalgie socialisteggianti, che, dove applicate, hanno immancabilmente portato a povertà diffusa e default dei conti pubblici. Dunque, va tutto bene sul fronte sociale? No, nient’affatto.
Le cifre sull’aiuto statale a chi è in difficoltà, l’indebitamento, la disoccupazione giovanile o di lunga durata per chi ha più di 50 anni, ci parlano di un Ticino con troppe persone a rischio di esclusione o di esasperazione. Così è anche per le vittime delle continue ristrutturazioni nel settore bancario confrontate con continui timori e incertezze. In definitiva, per migliaia di persone, vacilla la sensazione di avere un futuro e di essere cittadini come gli altri. La nostra diffusa rete di protezione sociale, di gran lunga il primo fattore della spesa statale, evita che si arrivi, come altrove, alla ribellione o alla ghettizzazione. Vogliamo davvero i “gilets jaunes” e le auto bruciate in strada? Contro la povertà e la precarietà i terreni su cui lottare sono tanti: scolastico, sanitario, urbanistico, familiare, logistico, fiscale e, ovviamente, anche sociale. Il problema è che manca una volontà politica trasversale al punto da permettere soluzioni, essendo di gran lunga più comodo denunciare ciò che non va, piuttosto che impegnarsi per raddrizzarlo, come se bastasse agitare le rispettive bandiere. Davvero dopo 20 anni e l’aumento dei frontalieri, invece della drastica diminuzione promessa, ancora crediamo ai proclami? Ancora ci facciamo bastare la propaganda invece di pretendere che si faccia politica? Ritengo insopportabile l’uso strumentale che si fa della povertà, in Ticino come altrove, all’insegna dell’istigazione all’invidia sociale invece dell’impegno concreto per una società più equilibrata. Ma tant’è, in quella che qualcuno ha chiamato la dittatura dell’istante indicare dei colpevoli basta e lo prova il successo delle varie forme di populismo. Facile dimenticare o minimizzare, in questo contesto, i dati economici complessivi del nostro Paese o il suo essere invidiato da tutt’Europa per le condizioni di vita che permette. Certo, ogni povero è un povero di troppo, ma è in Svizzera che a lui e ai suoi figli si offrono il massimo delle possibilità concrete di migliorare la sua condizione. Anche in Ticino ciò sarebbe ancora più vero, se solo gli auto-dichiarati patrioti e gli idealisti “senza se e senza ma” collaborassero con chi promuove politiche davvero nell’interesse della crescita del reddito a disposizione dei ceti meno favoriti.
Mi avviliscono coloro che agitano la politica all’insegna del “tanto peggio, tanto meglio”. Sono alleati dei problemi, non delle soluzioni, mobilitano i timori e non le energie. Sono loro che, davvero, “ci rubano il futuro”. Siamo in campagna elettorale e si vogliono mostrare solo problemi, come se un medico additasse i malati gravi per dire quanto lui è bravo. Prima o poi però anche l’elettore più paziente perderà il vizio di votare chi promette ma non mantiene, a destra come a sinistra.

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