Spettacoli

‘Shalom Allah’: David Vogel ci racconta dei nuovi musulmani

In sala il documentario dedicato su alcuni svizzeri convertiti all'Islam, per andare oltre la paura e il rifiuto di certo dibattito pubblico

Gioia Lo Manto in un fotogramma del film
30 settembre 2020
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No, non è un documentario sulla radicalizzazione islamica o su quanto i “nuovi musulmani” siamo spesso più rigidi e intransigenti di chi la propria fede religiosa l’ha eredita dalla famiglia o dalla società. Certo ‘Shlamon Allah’ di David Vogel – in programma ad Acquarossa, all’Otello di Ascona e al LuxArtHouse di Massagno – si apre con alcuni filmati di repertorio di Nicolas Blancho, il controverso “imam svizzero”, ma quello è appunto il punto di partenza del lavoro di Vogel che con questo film ha voluto andare oltre un dibattito pubblico dominato dall’esagerazione, dalla spettacolarizzazione, dalla paura e dal rifiuto.
Così, al posto di un imam estremista incontriamo la giovane Aïcha che da un paesino di campagna si trasferisce a Zurigo, dove studia informatica e prende confidenza con le regole della sua nuova religione; Johan che, nonostante barba e tuta mimetica, sfugge allo stereotipo del neocredente intransigente; e la famiglia Lo Manto – Franco, Miriam e i figli Gioia, Angela e Alisea –, dove la conversione all’Islam si intreccia con un passato tutt’altro che sereno.

Il regista ci presenta i protagonisti del suo documentario, li accompagna nella loro vita di tutti i giorni, dalle visite ad amici e parenti alla scuola al lavoro, ci racconta di pregiudizi che si riescono a superare e di altri che portano alla rottura – Franco Lo Manto ha dovuto lasciare il suo posto nelle forze dell’ordine –, ripercorre la storia delle loro conversioni, la decisione di entrare nell’Islam – e, in un caso, di allontanarsene –, cerca di capire che cosa significa diventare musulmani in un Paese dove i musulmani sono guardati con diffidenza. Ma no, ‘Shalom Allah’ non è neanche l’apologetico ritratto dell’“Islam religione di pace”, per quanto certo alla base c’è un’idea forte di libertà religiosa, quella per cui chiunque deve poter trovare un posto nella nostra società: Aïcha, Johan, Franco, Miriam, Gioia, Angela e Alisea possono e devono essere liberi di scegliere la loro religione (e nessuna religione, ovviamente), liberi dalle leggi e liberi dai pregiudizi. Ma è appunto l’Islam di Aïcha, di Johan e dei Lo Manto che conosciamo durante il documentario, senza nessuna pretesa di scoprire il “vero” Islam, ammesso che quel termine abbia davvero un senso. Tra i protagonisti del documentario dobbiamo poi inserire lo stesso regista David Vogel, il cui incontro con i neoconvertiti ha portato a ripensare alla sua gioventù di ebreo praticante quando, negli anni Novanta con lo scandalo degli averi ebraici, c’era stato un ritorno di sentimenti antiebraici in Svizzera (da qui il titolo, che unisce il saluto ebraico al nome del dio mussulmano).

Che cosa è dunque ‘Shalom Allah’? È il ritratto di alcune persone alle prese, più che con l’Islam, con la religione e la religiosità in generale: piccole storie che non pretendono di avere una valenza universale. Forse perché quello di cui abbiamo bisogno, per superare i pregiudizi, è proprio lasciar da parte gli universali e guardare le persone che abbiamo intorno a noi. 

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