Spettacoli

Il brutto addio degli X-Men

‘Dark Phoenix’: tante belle idee buttate un po’ così per l’ultimo film prima del passaggio dei popolari personaggi dei fumetti alla Disney

20th Century Fox
7 giugno 2019
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Ci sono film che ti fanno uscire dalla sala soddisfato, altri commosso, altri ancora deluso. Con ‘X-Men: Dark Phoenix’ si esce dal cinema più che altro arrabbiati, per come il film spreca tante cose buone.

Il fatto è che, nei fumetti, la saga della Fenice nera – siamo negli anni Ottanta, quando ancora si traducevano in italiano nomi e titoli – è una delle più interessanti ed elaborate, oltre che tra le più conosciute e citate. Per la storia complessa, per il finale amaro, per come viene approfondita la psicologia dei personaggi.

Si dirà: il cinema va giudicato autonomamente, per quello che è, senza il confronto con altri media. Giustissimo, e allora guardiamo al film che inizia con gli X-Men osannati come una rock band, nonostante nei film precedenti tutti odiassero i mutanti con i loro pericolosi poteri contro natura. Ma il successo commerciale non piace a tutti i membri della band, ed è in particolare Raven a rimpiangere i bei tempi in cui la musica degli X-Men non si piegava alle esigenze di mercato imposte dal cinico Charles Xavier (James McAvoy). Peraltro, il lamento “dove stiamo andando, non siamo più noi stessi” è uno dei pochi momenti in cui Jennifer Lawrence pare credere in quello che dice – probabilmente perché ci crede sul serio, ma si sta rivolgendo al regista Simon Kinberg.

Sia Jennifer Lawrence sia Raven hanno peraltro ragione: Xavier ha infatti nascosto, “per il suo bene”, la verità a uno dei membri con più potenziale del gruppo, Jane Grey, interpretata da una Sophie Turner che fa del suo meglio per nascondere la preoccupazione di non trovare ruoli decenti dopo Sansa Stark, ora che la serie di ‘Trono di spade’ si è conclusa. Dopo un incidente in missione, Jane scopre i suoi veri poteri, diventa la Fenice, lascia gli X-Men e si mette con Vuk, aliena mutaforma con le sembianze di Jessica Chastain. Al gruppo si unisce Magneto (un Michael Fassbender ancora meno convinto di Jennifer Lawrence) che nel giro di due minuti passa dalla modalità zen “ho capito che fare del male porta solo altro dolore” al “devo vendicarmi uccidendo Jane Grey”. Nel frattempo, visto che in un combattimento sono state distrutte un paio di auto della polizia, il mondo ce l’ha di nuovo con i mutanti e il presidente degli Stati Uniti non solo taglia la linea speciale con Xavier, ma decide pure di rinchiuderli in un carcere speciale (evidentemente costruito in un pomeriggio). Poi arrivano gli alieni mutaforma, Jane Grey capisce che Vuk è una manipolatrice e una brutta persona, mentre Xavier è solo un manipolatore ma tutto sommato una brava persona, e allora Jane salva i buoni, fa fuori i cattivi e se ne va per la sua strada.

Come non prendere rabbia, pensando a quanto sarebbe stato interessante sviluppare – giusto per fare qualche esempio – la relazione tra Jane e i suoi due mentori, Vuk e Xavier, oppure la temporanea redenzione di Magneto, il repentino mutamento dell’opinione pubblica sui mutanti. Ma no, tutto viene buttato lì, con una sceneggiatura piatta che neppure la colonna sonora di Hans Zimmer riesce a salvare.

‘X-Men: Dark Phoenix’ è il capitolo conclusivo della serie cinematografica iniziata nel 2000 col primo film di Bryan Singer e proseguita, tra alti (‘Logan’ di James Mangold e i due Deadpool) e bassi (‘Wolverine’) per una dozzina di titoli. La 20th Century Fox è stata acquistata dalla Disney, e avremo quindi un riavvio della serie all’interno dell’universo narrativo degli altri supereroi Marvel.

Ah, essendo l’ultimo film della serie, non c’è la classica scena alla fine dei titoli di coda, quella con le criptiche anticipazioni del prossimo lungometraggio. Potete uscire subito dalla sala – sempre che abbiate davvero avuto voglia di entrarvi.

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