Ticino7

Ma che bel film! Pubblico, critica e successi

Quali sono i parametri per valutare un’opera cinematografica di qualità? Lo chiediamo a chi ne ha viste parecchie (che poi de gustibus...)

(Ti-Press)
28 luglio 2018
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Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Se un film sbanca al botteghino vuol dire che è un buon film? Nel 2015 Star Wars. Il risveglio della forza ha incassato nel primo weekend di programmazione 517 milioni di dollari in tutto il mondo, riporta «Rai News». Si parlò di incassi record. Che vuol dire? Che è stato il film più visto dell’anno (ma senza contare download e streaming) e che ha generato più guadagni di tutti (ma i prezzi dei biglietti non sono uguali ovunque). Quali sono dunque i criteri per affermare che una pellicola è (o non è) di qualità? E quanto conta il giudizio del pubblico?

Se il cinema è la settima arte allora ogni film ne è un’opera? In teoria sì, ma la qualità può variare molto, altrimenti non esisterebbero per esempio i «Razzie Awards» (i premi USA dei peggiori film, attori, registi ecc.). Persino la critica perderebbe la sua funzione, ancora più di quanto non l’abbia già persa oggi. Le opinioni divergono. 

Tutte uguali, ma...

«La domanda presuppone una considerazione: cosa si intende per un “opera cinematografica”?» ci dice Ugo Brusaporco, critico per laRegione. «Tutti i film sono opere cinematografiche, lavori cinematografici, anche se fatti in digitale» commenta. E precisa che «se proprio si vuole distinguere possiamo dividerli tra pre e post televisione, perché la televisione ha segnato l’espressione, il linguaggio cinematografico, più di quanto avesse fatto il passaggio dal muto al sonoro o quello dal bianco e nero al colore». Dunque? «Dunque diventa diverso valutare un film di Griffith o uno di David Lean, uno di Chaplin o uno di Tarantino, uno di Tex Avery o uno di Hanna e Barbera e così via» afferma Brusaporco.

Per Mariano Morace, già critico alla RSI e storica penna sul Locarno Festival dal 1973, un criterio imprescindibile è l’immagine che il regista riesce (o non riesce) a portare sullo schermo. «Dobbiamo considerare che un film è un racconto per immagini», sostiene Morace. «Nella valutazione a mio parere viene prima il valore delle immagini e il loro rapporto con la storia raccontata, anzi è proprio questo rapporto che ne definisce il valore. La storia è importante, ma l’uso delle immagini ancora di più, e soprattutto le immagini non devono essere “solo belle”, ma funzionali alla narrazione». Insomma, bisogna sapere mostrare e rappresentare.

Preferenze popolari

Chi premia o meno la bontà di una pellicola è anche il pubblico che paga per vedere un film in sala, o che riempie Piazza Grande a Locarno, dove lo spettatore comune ha la possibilità di dire la sua col «Prix du public». Ma con quale peso? Poco, secondo Brusaporco. «Non si può valutare genericamente un’opera cinematografica, se non amando il cinema e conoscendolo, e il cinema non è solo quello hollywoodiano o in genere occidentale» sentenzia. Insomma, serve competenza. «Ho appena visto un film di Singapore e se avessi usato criteri occidentali nel guardarlo mi sarei perso la sua poesia» aggiunge. E dunque i film che passano in Piazza sarebbero più «commerciali» e meno «opere d’arte»? «Blade Runner è un film di pubblico o artistico? Up è un film di pubblico o artistico? In Piazza Grande sta bene il buon cinema» svicola Brusaporco. 

Antonio Mariotti, critico al Corriere del Ticino, ritiene che la programmazione in Piazza sia «rimasta un enigma irrisolto per molti direttori artistici. David Streiff ha avuto la fortuna di poter mostrare a Locarno il meglio di Cannes; Marco Müller è riuscito ad accaparrarsi le anteprime di diversi blockbuster americani. Dopo di loro molti tentativi, pochi riusciti». Il motivo? «Il film ideale deve essere in grado di emozionare migliaia di persone tutte insieme, quindi qualità e quantità». Ma non è un’utopia? «No, oggi le sorprese cinematografiche di questo tipo esistono. Speriamo di scoprirne a Locarno 71...» chiosa Mariotti.

Secondo Morace, semplicemente, «un film esiste se è visto da un pubblico, così come un libro esiste se ha dei lettori. Questo vale per tutti i film, dunque anche per quelli di Piazza Grande. Poi è certamente importante tener conto del tipo di pubblico che frequenta la Piazza, e nell’equilibrio tra questi due fattori sta la difficoltà (e la capacità) del direttore del festival». 

A prescindere dal luogo di proiezione, appare evidente che tra il gradimento del pubblico e quello di una giuria di esperti c’è un abisso. Un esempio? Nel 2014 a Locarno il «Prix du public» andò a una simpatica commedia svizzerotedesca (Schweizer Helden), mentre il Pardo d’Oro della giuria a un film filippino in bianco e nero di 5 ore e mezza (From what is before). Fate voi.

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