Spettacoli

Levante a Lugano, sarà caos ordinato

L'artista, al Palacongressi il 17 marzo, si racconta alla 'Regione'. Dalla Sicilia al Piemonte (bambina), dal rumore dei club alla quiete dei teatri (adulta).

Levante (all'anagrafe Claudia Lagona)
((Foto: Alan Chies))
3 marzo 2018
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Le abbiamo parlato mentre da Spoleto si spostava in direzione Firenze. Levante, cantantessa (termine rubato ad altra siciliana), è la donna del giorno da diversi giorni. Almeno dal 2013 di ‘Alfonso’, primo mattone di una notorietà costruita anche su album autoprodotti (intesi come pagati di tasca propria, gratificazione che non ha pari). In 5 anni – il tempo per esplodere, fonte: regole non scritte – ‘l’emigrante’ Claudia Lagona di dischi ne ha fatti 3, ha duettato con Gazzé, Fedez e J-Ax, ha pubblicato un libro e scelto talenti a X-Factor. Già alla Rsi e al ‘Foce’ ai tempi di ‘Manuale distruzione’, sabato 17 marzo il tour di ‘Nel caos di stanze stupefacenti’ tocca Lugano grazie a MrRoy Productions (biglietteria.ch), in versione teatrale che ‘scombina’ in primis la protagonista.

Sensazioni?

Sono ancora scossa dalla data zero. Un mondo totalmente nuovo per me che arrivo dai club, dal chiasso, dal rumore, dal disordine. Il teatro è una stanza più intima, ho sentito ogni istante dell’esibizione. È stato bello, bello, bello…

Vieni da un gran bel ‘Caos’ europeo...

È vero, breve ma intenso, quasi 6 tappe in 6 giorni, Barcellona, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Londra, Parigi, club molto belli nei quali sono riuscita a ritrovare il contatto con il pubblico, posti più piccoli rispetto a quelli che ora frequento in Italia. Sono riuscita a scendere dal palco e a stare in mezzo alla gente.

E il ‘Caos’ di Lugano?

Sarà un concerto più ‘seduto’, più intimo. E organico, visto che ‘sfrutto’ ogni singolo musicista in momenti corali di cui vado molto fiera. La scaletta è diversa dal Caos nei club e in Europa, ho ripreso i ‘grandi assenti’, brani che non cantavo da anni. Abbiamo anche riarrangiato alcune cose muscolari, rendendole più morbide, stupendoci di come una canzone, se è bella, possa indossare vestiti diversi.

Svizzera, terra d’italiani che salgono a nord. Quello che è successo a te dalla Sicilia al Piemonte...

Sì, sono stata un’emigrante. Avevo 14, 15 anni, e la differenza l’ho sentita. C’è da dire che Torino è una città molto legata al sud, per via della Fiat e per chi si è trasferito lì per lavorarci. Col tempo ho scoperto che la città è composta da una piccola percentuale di torinesi che ormai sono come in uno zoo e si riproducono. Il resto sono campani, pugliesi, siciliani, calabresi. Torino piano piano l’ho amata e adesso è come un elastico, tutte le volte che mi allontano ho voglia di tornarci.

Hai fatto la gavetta, quella che fanno quelli bravi. È più difficile arrivare o restare in alto?

È stata dura avere pazienza. In questo momento, sì, posso dirti che stare in alto è difficile. Nemmeno sono in cima, penso di essere a metà strada, e già soffia molto vento. È difficile perché c’è gente che proprio non riesce a fare pace con il fatto che tu ce l’hai fatta lavorando sodo. È difficile rimanere in alto con il tuo giudice interiore e con i giudici esterni, quelli che quotidianamente ti screditano. Comunque va bene così, i detrattori ti danno sempre la forza di fare meglio.

Prima di essere giudice di talent, i talenti li hai bidonati...

Sono stata iscritta dai miei produttori, ma non mi sono presentata alle audizioni. Ho detto “no, ragazzi, questa non è la mia strada, devo prima fare i conti con me stessa”. È stato un bene, anche perché non è detto che quella sia l’unica risposta. Anzi, questo è anche il motivo per il quale ho partecipato come giudice, per esempio dare visibilità alla mia musica.

A proposito, com’è dall’altra parte?

Uno schifo. È difficile dire a qualcuno “non incontri il mio gusto”. Sono tutti molto preparati, ma è comunque dura spiegare alle persone che una cosa è cantare e un’altra è guardare la tv. Poi ci sono situazioni sorprendenti anche per chi sceglie, come accorgersi che qualcuno che non è forte come pensavi, colpa anche dell’averlo visto soltanto 2 o 3 volte…

‘Non me ne frega niente’, nobilissimo colpo basso. Ma in che social viviamo?

Ho pensato di chiudere tutto, mille volte. Ma anche se è diventata una croce, anche se l’aggressività della rete mi ha turbata, purtroppo noi lavoriamo anche attraverso questi mezzi. Ho preso grandissime distanze da twitter e facebook, preferisco instagram, per le potenzialità creative legate alla fotografia, all’estetica. In rete servirebbe un patentino, un questionario superato il quale uno può accedere e dire la sua. Ora non ci sono regole, sembriamo dei primitivi che hanno appena scoperto il fuoco, stiamo battendo la pietra che produce le dovute scintille.

Credi che senza anonimato la gente in rete rifletterebbe prima di sbroccare?

All’inizio credevo di sì. Oggi invece penso che la gente non ha paura di dire la sua nemmeno con nome e cognome. Forse la rete ha dato la testa un po’ a tutti. Io sono Tizio Rossi, ho diritto di dire la mia, ne vado fiero. È spaventoso, non è più la conversazione al bar. Anche una stupidissima idea è condivisa nel senso più virale del termine, anche a livello più etico.

‘Gesù Cristo sono io’ doveva essere il primo singolo. E invece...

...e invece ti devi confrontare non solo con te come persona e artista, ma anche con la ‘discografica’, per esempio, che ha interesse a tutelare il tuo lavoro, ma anche a lanciarlo nel migliore dei modi. ‘Gesù Cristo sono io’ mi avrebbe messo in posizione scomoda con le radio e con il pubblico. Anche se leggendo il testo scopri che non ho manie di grandezza, ma semplicemente cerco di raccontare di femminicidi e violenza sulle donne facendo sgranare gli occhi, altrimenti non arriverebbe niente. È stato un bene raccontarlo così, con tutto il rispetto per la religione e per la figura del Cristo. Anzi, ho semplicemente paragonato il calvario di una donna a quello di Gesù.

Per finire. Tu sei ‘Le mie mille me’. La più simpatica delle mille? Quella meno?

La più simpatica è quella leggera, che si fa scivolare addosso le cose, che riesce a rimanere in superficie senza essere superficiale. La mia me più antipatica, che odio, è quella che nell’insicurezza reagisce con la presunzione. Ma sono riuscita a domarla, questa ragazza.

Dunque, citando il regista, nel circolo che includesse anche te, tu ti ci inviteresti…

Si, io mi voglio molto bene. Sono supersimpatica, mi do le pacche sulle spalle. Vorrei tanto avere un’amica come me. Ma le ho, ce ne sono tante in giro.

Levante, Caos in teatro - sabato 17 marzo ore 21, Palacongressi Lugano - Organizzazione MrRoy Production, media partner laRegione, Ticinonline - 20 minuti, Radio Fiume Ticino, Rete Tre.

biglietteria.ch

 

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