Ticino7

Invasioni barbariche: il turista non lo voglio

Incoraggiati da offerte low cost e mordi-e-fuggi, a volte i turisti - quelli più maleducati - diventano invasori

(Ti-Press)
22 settembre 2018
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Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Dev’esserci qualcosa di genetico nella passione di noi sapiens per il viaggio. Abbiamo cominciato praticamente da subito, lasciando l’Africa per venire a esplorare l’Eurasia, con grande disappunto dei neanderthaliani che, com’è noto, ne avrebbero fatto le spese. E abbiamo continuato nel corso del tempo con le innumerevoli migrazioni che piano piano ci hanno «spalmato» più o meno uniformemente sull’intera crosta terrestre.

Alcune popolazioni sono rimaste nomadi anche dopo che la maggior parte di «noi» era divenuta stanziale, decidendo, per così dire, che i vantaggi comportati dalla coltivazione della terra in termini di sicurezza e stabilità non valevano la vita più incerta ma libera di chi il cibo lo raccoglie o lo caccia, spostandosi di volta in volta per cercarlo. E anche presso coloro che si erano «piazzati» da tempo, costruendo villaggi e poi paesi, e a seguire città e nazioni, il desiderio di esplorazione – tramutatosi tante volte nel suo fratello malvagio, ovvero la brama di espansione – è rimasto forte e vivo lungo tutto il corso della Storia... un corso che è stato più volte deviato dall’iniziativa di singoli viaggiatori. 

Città sotto assedio

Anche oggi lo spostarsi si configura come «cifra distintiva» del consorzio umano, crudelmente suddiviso fra chi si muove per scampare a guerre e carestie, e chi invece lo fa per «fuggire», almeno temporaneamente, da una quotidianità fin troppo prevedibile: i secondi siamo noi, ovvero... i turisti. Viaggiamo lungo linee pre-tracciate nel tentativo di conciliare l’atavica attrazione verso «l’ignoto» con l’esigenza di mantenere sugli accadimenti il consueto, stretto grado di controllo. Ed è così che ci si trova a fare tutti le stesse cose, di solito nello stesso periodo dell’anno e negli stessi luoghi: una «polarizzazione» che risulta particolarmente evidente – a tratti insostenibilmente evidente – nel caso delle città d’arte, dove lo spazio circoscritto aumenta a dismisura il coefficiente di concentrazione turistica.

Venezia, con circa 25 milioni di visitatori l’anno, è il prototipo di questa insostenibilità, un assaggio della quale è toccato pure al Ticino l’estate scorsa con il caso delle «Maldive di Milano» quando, a causa di un video postato su Facebook, parte della Verzasca è stata «scoperta» da centinaia di milanesi e varesini in fuga dalle rispettive, caldissime città. Le reazioni sono state contrastanti: c’è chi si è lamentato di questo turismo «improvvisato», percepito talvolta come poco rispettoso dagli autoctoni, e chi, come Elia Frapolli, direttore di Ticino Turismo, ha rilanciato i valori dell’identità turistica e della cultura dell’accoglienza in un settore che genera un valore prossimo al 10% del Prodotto interno lordo.

Attorno a Disneyland

Gli abitanti di Lavertezzo non sono però gli unici a soffrire di «turismofobia»: la «sindrome» si sta diffondendo, tanto che lo scorso 24 aprile si è costituita in organizzazione. La SET (Rete di Città del Sud d’Europa di fronte alla Turistificazione) è una piattaforma che raggruppa entità e collettivi diversi, sorti spontaneamente in 16 città dell’Europa meridionale: Barcellona, Venezia, Firenze, Valencia, Girona, Malaga, Palma de Mallorca, Madrid, Lisbona, Donostia/San Sebastián, Siviglia, Ibiza, Pamplona, Malta, Tarragona e le isole Canarie. I cittadini che ne fanno parte protestano per la mancanza di regolamentazione che satura di turisti le loro città, ma soprattutto vogliono attirare l’attenzione sul processo di gentrificazione che sempre più spesso costringe i residenti a lasciare i centri storici per trasferirsi altrove. «Per via di una mancanza di regolamentazione fiscale, un’economia che di collaborativo ha ben poco si sta concentrando nelle mani dei fondi immobiliari», afferma Maria Fiano, attivista del gruppo OPA (Officina Pensiero Azione, Venezia). 

Fra pizze e autoscatti

Il ruolo di portali oggi molto diffusi come Airbnb – nato per agevolare l’affitto breve fra privati ma trasformatosi in un business per investitori immobiliari – gioca un ruolo importante nel mutamento di quartieri un tempo vitali in pallide vestigia disabitate. Come spiega bene Marco d’Eramo nel saggio Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo (Feltrinelli, 2017), «il turismo [...] uccide la città in modo più sottile, svuotandola di vita, privandola dell’interiore, proprio come nella mummificazione, facendola diventare un immenso parco a tema, un’immensa Disneyland storica, in una sorta di tassidermia urbana: musei e paninoteche, ruderi e boutique di lusso, “suoni e luci” tra pizze al taglio e ristoranti a tre stelle Michelin, isole pedonali, e poi tanti dormitori eleganti per ceti medi. [...] e i centri vengono trasformati in entertainement districts, dove però non si diverte nessuno».

 

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Per un turismo sostenibile

La Rete di Città del Sud d’Europa di fronte alla Turistificazione (SET) vuole contrastare il moderno modello turistico e gli effetti nefasti che esercita sul territorio. Fra i temi in oggetto: l’acquisto in massa di immobili da parte di fondi d’investimenti per destinarli al mercato turistico, privando le abitazioni della loro naturale funzione; l’aumento dei prezzi e la trasformazione delle attività commerciali locali in attività turistiche slegate dai bisogni della popolazione (spesso in età avanzata); gli alti tassi di inquinamento (aerei, navi da crociera, corriere); la banalizzazione dell’ambiente urbano e naturale trasformato in «parco tematico». Il manifesto della rete, che intende allargarsi a tutte le città interessate, è reperibile digitando: dinamopress.it/news/nasce-set-rete-citta-lattuale-modello-turistico/

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