Società

Alla ricerca di un altro Carnevale

Fra ubriachi rissosi, fuori del perimetro del Rabadan, un tentativo di riscoprire una cultura del Carnevale sottratta allo sbrago ignorante e fine a se stesso

16 febbraio 2018
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C’è qualcosa nel clima di questi giorni che ci stimola a parlare di Carnevale. Ma non tanto di quello che abbiamo sotto gli occhi, piuttosto di quello che è stato, che avrebbe potuto essere o che forse, chissà, potrebbe ancora divenire. Per provare a smarcarci dalla deriva dell’incultura dello “sbrago” fine a se stesso, inconsapevole della storia, dei simboli, della cultura appunto di cui il Carnevale è custode. Purché si abbia voglia di scoprirli, senza accontentarsi di peluche sporchi e sempre uguali e birra mediocre da tendina standard, senza stupirsi più di tanto al primo accenno di originalità.

Quest’anno, a Bellinzona, un tentativo per vivere in modo più ricco il Carnevale è stato fatto alla Birreria Bavarese, ispirandosi ai carnevali dell’arco alpino. Fra gli ideatori del “Ginepraio” allestito nello storico locale su Viale Stazione abbiamo ritrovato le scenografie di Nicola Colombo, tecnico d’arte. Bellinzonese e cultore del Carnevale, l’anno scorso Colombo è stato protagonista di una disavventura tragicomica che dice qualcosa di un certo vissuto del Carnevale nella capitale, dai vertici del Rabadan in giù, fino ai ragazzi che in questo clima sperimentano la “festa”. Con un guizzo creativo, Colombo aveva percorso Viale Stazione con una maschera messicana e una carriola riempita di una terra da composto altrimenti detta letame, inodore e del tutto organico, mimando una rituale fertilizzazione del suolo bellinzonese...

Beh, nella città che in cinque giorni produce quintali di detriti fra plastica, carta, bottiglie, lattine ed escrementi di varia natura e consistenza, per qualche manciata di terra sono intervenuti i pompieri. Tutto vero, niente scherzi. Il martedì grasso Colombo ha quindi optato per un travestimento da Saturno, con maschera di cuoio e mantello da pastore sardo, e la stessa carriola in cui ha piantato una bella, pacifica e benaugurante selezione di fiori primaverili. Risultato? Fermato da due agenti di sicurezza e ufficialmente diffidato a rientrare nel perimetro del Rabadan.

Qual è stata la necessità da cui siete partiti per ideare il vostro Ginepraio?
Il carnevale a Bellinzona, fino a vent’anni fa era un carnevale aperto, in cui tutta la città partecipava. Poi gradualmente si è chiuso in un recinto sempre più opprimente, contribuendo a trasformare il rito in una sorta di grande discoteca privata. Ora è rimasto un evento commerciale fortemente securizzato in cui il basso profilo è certamente più pagante di una ricerca raffinata. Purtroppo a molti dei vecchi carnascialeschi è passata la voglia, dopo anni di degrado hanno gettato la spugna amareggiati; perdendo la multi-generazionalità si è perso il sano controllo sociale che regolava gli eccessi e stimolava le nuove generazioni al rito.

Qual è stata la risposta del pubblico? C’è una necessità diffusa di vivere in modo diverso il carnevale?
La sola via per mostrare il proprio dissenso resta per i più, generalmente bellinzonesi, quella di entrare nel recinto prima che le porte vengano sbarrate: quella che Rabadan chiama l’apertura della città del carnevale. Per coloro che osano ancora mascherarsi, magari portando con sé gli oggetti di scena, diventa difficile uscire, in quanto poi sarebbe impossibile rientrare senza sottostare ai controlli di sicurezza. Inoltre quel tratto di strada è una sorta di purgatorio dove migliaia di giovani scolano rabbiosamente ettolitri di alcol. Così noi ci siamo trovati nel mezzo di una zona davvero poco allettante, troppo pochi sono venuti fin lì, i più con rammarico.

Che cosa cambia fra il Rabadan e i grandi carnevali della Svizzera tedesca che tu frequenti, come Lucerna?
Lucerna è Carnevale, la città è aperta... Da anni vado all’apertura del suo Fasnacht, per sentire un’anima nobile e rituale di carnevale e torno con il “magone” per quanto abbiamo perso noi. Lucerna celebra un carnevale non molto diverso da quello che abbiamo fatto noi fino a una ventina d’anni fa, un carnevale completamente libero, dove la città intera con tutte le sue strade e i ponti viene serenamente colonizzata da decine di migliaia di persone, carri e carretti, gruppi di teatro, 130 gruppi musicali in tutte le variazioni possibili. Non vedi capannoni né transenne e soltanto una fontanella finemente lavorata in ferro forgiato viene protetta con un telo... A Lucerna una ventina di corporazioni si ritrovano e si coordinano: Rabadan è una società unica che gestisce tutto il carnevale.

In che modo strappare il carnevale alla sua deriva, del tutto inconsapevole dei contenuti, dei valori e dei simboli di cui storicamente il carnevale è stato portatore?
Vent’anni sono molti. Il carnevale bellinzonese si è cacciato in un vicolo cieco, da cui sarà difficile uscirne a breve. Dopo questa esperienza al Bavarese, sarà importante cercare di ripeterla, possibilmente coinvolgendo altri locali fuori dal recinto. Ma le forze avverse sono molte. A tutti coloro che sono cresciuti nel parco giochi circondato da filo spinato e torrette di controllo, in fondo va bene così. Anche la Società Rabadan credo riconosca questo svuotamento di senso, infatti ha fatto un passo nei nostri confronti regalandoci una menzione al concorso per i locali, al quale non avevamo partecipato.

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