Italia

Il morbillo minaccia le balene, e si teme il salto di specie

Cinque dei sei capodogli spiaggiati in Italia nel 2019 era ammalato. Si pensa che l'infezione possa passare anche a lontre e foche

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28 luglio 2020
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L'uomo e il morbillo sono le principali minacce per la vita dei cetacei, e in particolare del capodoglio, già considerato a rischio estinzione. Lo afferma Greenpeace in un rapporto sulle principali cause di spiaggiamento lungo le coste italiane commissionato ai veterinari del dipartimento di biomedicina comparata e alimentazione dell'università di Padova. Rapporto rilasciato oggi in occasione della Giornata mondiale per la conservazione della natura.

Virus che potrebbe far ammalare anche lontre e foche

Il virus in particolare "preoccupa i veterinari", soprattutto perché "associato ad altri stress ambientali". Ma non solo. Un po' come successo per Sars e Covid-19 da pipistrello a uomo, questo morbillo potrebbe effettuare un salto di specie e infettare anche animali geneticamente "lontani come lontre di fiume e foche".

Dopo gravi epidemie di stenelle tra il 1990 e il 2008, il morbillo dei cetacei sembra adesso riemergere tra diverse specie di cetacei. Cinque dei sei capodogli analizzati spiaggiati nell'estate 2019 sono risultati positivi al virus.

"Non possiamo permettere che attività illegali e il degrado ambientale causato dall'uomo, a partire dall'inquinamento da plastica - osserva Giorgia Monti, campagna Mare di Greenpeace - facciano scomparire questi animali dai nostri mari. La vulnerabilità dei cetacei a un virus dipende anche dallo stress causato da un ambiente malato, l'uomo è quindi complice di questa epidemia".

L'uomo

"Un quarto dei cetacei analizzati spiaggiati negli ultimi anni - scrive ancora Greenpeace – è morto per cause imputabili all’uomo, in particolare interazioni con attività di pesca. Preoccupa l’intrappolamento nelle reti, che sempre più spesso si trovano abbandonate in mare e che vanno ad acuire la contaminazione da plastica, ma anche l’uso di reti illegali, come le spadare, che nei giorni scorsi hanno intrappolato ben due capodogli al largo delle Eolie". E ancora la plastica: "L’84 per cento dei capodogli spiaggiati tra il 2008 e il 2019, su cui si sono condotte delle analisi, aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica, con il ritrovamento straordinario di ben 22 chili di plastica nella femmina spiaggiata a Olbia a inizio 2019. La causa? Sono i grandi teli usati per l’agricoltura, le buste, i filamenti derivati dalla frammentazione della plastica, che si accumulano nei loro stomaci. Anche se non uccidono i cetacei li debilitano, alterando la loro funzionalità intestinale, facendoli faticare per nutrirsi e favorendo l’emergere di altre problematiche".

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