Scienze

David Quammen racconta l’intricata vita su questo pianeta

L'autore di ‘Spillover’ torna in libreria con due saggi, tra cui una storia della scoperta di quanto è complessa l'evoluzione degli esseri viventi, umanità inclusa

“Quando siamo colpiti da una malattia trasmessa da un animale, ci troviamo esposti alla principale lezione della teoria darwiniana. È una verità addirittura scioccante: tutti noi umani siamo animali”. Così aveva detto lo scrittore e divulgatore David Quammen intervistato da Roberto Antonini (vedi ‘laRegione’ del 31 marzo scorso) a proposito della pandemia di nuovo coronavirus. Un virus passato all'essere umano dagli animali come molte altre malattie alle quali Quammen aveva dedicato ‘Spillover’, saggio del 2013 che è difficile non definire profetico, dal momento che metteva in guardia dall’arrivo di un'epidemia indicando pure come possibile origine i mercati della Cina meridionale.  “Apparteniamo all’albero della vita” aveva concluso Quammen, e a questo idea dell'alberto della vita è dedicato il suo ultimo saggio, appena pubblicato in italiano da Adelphi insieme alla riedizione di un suo precedente lavoro sulla ferinità di umani e animali, sulla indifferenza della natura e la catena alimentare.

I due saggi, sempre scritti col suo stile chiaro e coinvolgente (e sconvolgente, visti alcuni dei temi), sono ‘L’albero intricato’ (traduzione di Milena Zemira Ciccimarra) e ‘Alla ricerca del predatore alfa’ (traduzione di Marina Antonielli). Come accennato, quest'ultimo parla del rapporto tra gli esseri umani e gli altri animali, partendo dal contesto in cui si è evoluto l'Homo sapiens ed è sorto il nostro senso di identità in un ambiente popolato di animali carnivori. Tutte le volte che un feroce carnivoro usciva da una selva o da un fiume per cibarsi rendeva evidente una realtà che si cercava di dimenticare ma non si poteva eludere, rinnovando trauma e orrore: una delle prime forme dell'autoconsapevolezza umana, sottolinea Quammen, fu proprio la percezione di essere pura e semplice carne.

‘L'albero intricato’ fa invece il punto su quel che sappiamo dell'evoluzione, di Dna e genomi, dell'interrelazioni e i collegamenti filogenetici tra le varie specie e forme di vita di ogni tipo, dalle più complesse alle più elementari, a quasi due secoli dalle intuizioni che cominciarono a germogliare nella testa di Darwin nel 1837, mentre, in America ma non solo, il creazionismo trova nuovi seguaci. È una storia che ci riguarda molto da vicino: non è del resto un caso se dopo ‘L'origine delle specie’ Darwin scrisse appunto ‘L'origine dell'uomo’. Quello di Quammen non è certo il primo libro, anche indirizzato a un pubblico non specialistico, sulla storia della genetica e dell'evoluzionismo; al contrario di altre, la sua ricostruzione si muove tra ipotesi, verifiche e smentite, scoperte improvvise o intuizioni geniali, tanta ricerca ed esperimenti in laboratorio e, soprattutto, ha al centro un evento apparentemente minore. Nel 1928 un ricercatore britannico, Fred Griffith, riconobbe per la prima volta come possibile il trasferimento genetico orizzontale, ma non si rese subito conto di ciò che questo avrebbe implicato.

È con questa scoperta che l'albero della vita immaginato da Darwin diventa assai più ingarbugliato e complesso di quello, già di per sé contorto, disegnato nei taccuini del naturalista inglese. Perché l'idea di Darwin di una continuità tra gli esseri viventi, umanità compresa, era sì rivoluzionaria e si scontrava – e si scontra tutt'ora – con il dogma creazionista, ma si basava unicamente su un trasferimento verticale, per discendenza, dei geni. A questo dobbiamo ora aggiungere una dimensione orizzontale, laterale, che attraversa i confini di specie e passa persino da un regno naturale a un altro. Che è poi quello che è accaduto col molti virus.

Una scoperta che ci porta a un ripensamento dei concetti di specie e di individuo come li si intende tradizionalmente: noi siamo un mosaico di forme di vita, “siamo una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia”. L'otto per cento di un genoma umano consiste infatti di residui di retrovirus che hanno invaso il Dna dei nostri antenati, “l'equivalente genetico di una trasfusione di sangue”, e tra i donatori ci sono organismi primordiali che dominavano la vita miliardi di anni fa e ora vivono in ciascuno di noi.

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