Scienze

SIGN-R1: la molecola antivirus influenzale

Un'équipe di ricercatori dell'Irb di Bellinzona ne ha individuato il meccanismo: riconoscere ceppi virali multipli e dirigere la risposta immunitaria

Foto generica di laboratorio dall'archivio ©Ti-Press
30 luglio 2019
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Nel 2016, in Ticino sei persone sono morte di epidemia influenzale, l’anno precedente addirittura venti. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, il tasso di mortalità dell’influenza, nel 2016, si è attestato all’1% circa (0,71). Andando oltre i confini svizzeri, l’influenza è una delle malattie più comuni, nonché responsabile di ricoveri in ogni parte del mondo, particolarmente seria in soggetti fragili come gli anziani e le persone immunodepresse. E questo succede ogni anno. Malgrado lo sviluppo di vaccini, il virus dell’influenza è in grado di mutare e diventare resistente al metodo di contrasto. Mutabilità che obbliga alla formulazione di vaccinazioni sempre differenti.

Ieri, sul portale della rivista scientifica ‘Nature Microbiology’ è stato pubblicato lo studio ‘Protection against influenza infection requires early recognition by inflammatory dendritic cells through C-type lectin receptor SIGN-R1’, che descrive i risultati di circa tre anni di indagine ad opera di un team di sette ricercatori del laboratorio Infezione ed immunità dell’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb) di Bellinzona, diretto dal dottor Santiago González e dal suo assistente, il dottor Miguel Palomino. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con colleghi della Harvard Medical School di Boston, della Mount Sinai School of Medicine di York e dell’Università di Tolosa. Il progetto è sostenuto dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, dalla Commissione europea e dal progetto SystemsX.ch.

Che cosa hanno scoperto?

Il titolo dello studio è alquanto complesso, se non addirittura sibillino: in grandi linee, l’équipe dell’Irb ha osservato e descritto il comportamento, o meglio, il meccanismo della molecola SIGN-R1, presente naturalmente nel nostro organismo e già nota al mondo della biomedicina.
SIGN-R1 è coinvolta nel riconoscimento di molteplici varianti del virus dell’influenza e, in secondo luogo, dirige la risposta del sistema immunitario per eliminarlo. “La molecola – che è fondamentalmente una proteina – funziona da recettore: la sua struttura è complementare a quella del virus e quando lo incontra si lega a quel virus. Essendo legata anche ai globuli bianchi, funge da ponte tra loro e l’agente patogeno. Quindi, il globulo bianco può ‘uccidere’ il virus”, si legge in una nota.
Dopo questa fase iniziale, e grazie ai risultati raccolti dal team dell’Irb, si apre quindi la strada a un’altra tappa molto interessante dell’indagine: l’obiettivo successivo è capire come potenziare il meccanismo d’azione di questa molecola, basandosi sull’uso di nuovi frammenti della stessa famiglia di SIGN-R1 e, successivamente, sviluppare una terapia farmacologica che, qualora venisse realizzata, necessiterebbe comunque anni prima di essere usata come cura.
Per meglio capire l’importanza della scoperta, “laRegione” ha raggiunto Tommaso Virgilio, uno dei sette ricercatori coinvolti, studente di dottorato, nonché fra i coautori dello studio di cui il dottor Palomino è il principale autore.

Tommaso Virgilio, da dove parte questa ricerca?

In contrasto ai principali lavori condotti sul virus influenzale – che si dedicano ai polmoni, dove si concentrano gli eventi più gravi della malattia –, l’idea iniziale è stata quella di partire dai primi organi che vengono colpiti dal virus. Ci siamo quindi focalizzati sulla trachea.

Come avete svolto le indagini e a quali risultati vi hanno condotto?

Grazie a questa ricerca abbiamo scoperto e descritto come la molecola SIGN-R1 – che era già nota – sia coinvolta nel riconoscimento del virus influenzale da parte dei globuli bianchi nella trachea. Questa è la prima volta che viene osservato questo meccanismo. In particolare, è in grado di riconoscere una porzione del virus, che è immutabile e ricca di zuccheri.

Che cosa significa?

L’immutabilità è una delle caratteristiche del virus influenzale: nel tempo si creano delle mutazioni (altri ceppi), generando virus diversi. SIGN-R1 è in grado di riconoscere la porzione che non cambia e che è condivisa da tutti i ceppi.

Approfondendo, questa molecola è presente nel nostro organismo? Come agisce?

È una molecola già presente sulla superficie dei globuli bianchi della trachea di un organismo umano. SIGN-R1 è in grado di legarsi alle porzioni fisse del virus, facilitandone il riconoscimento da parte dei globuli bianchi che rispondono.

Quindi è un meccanismo naturale… La ricerca a cosa mira?

Il nostro obiettivo, d’ora in avanti, è capire come poter potenziare questo meccanismo per poterlo usare come terapia.

Quindi, ipoteticamente, potenziando il meccanismo di SIGN-R1 e sviluppando una terapia, questa potrebbe essere un’alternativa al vaccino tradizionale?

Più che un’alternativa, diciamo un’azione complementare. Il vaccino è molto specifico, agisce sul singolo virus (è per questo motivo che ogni anno c’è una vaccinazione differente contro l’influenza). Il vantaggio di questa molecola è che va a perdere questo punto debole, perché riconoscendo potenzialmente tutti i ceppi [immutabili; ndr], potrebbe essere una sorta di terapia comune a tutti i virus dell’influenza. Quindi: da un lato, potrebbe essere pensata come potenziamento del vaccino che agisce sinergicamente, soprattutto laddove quello non è molto efficace (ad esempio nelle persone anziane o immunodepresse). Oppure, nel caso dello sviluppo di nuovi ceppi, nel tempo in cui vengono sviluppati vaccini contro di loro, si può pensare di avere già un farmaco efficace. Sottolineo che non agirebbe però insieme al vaccino, perché ha un meccanismo diverso: si tratterebbe infatti di un farmaco che andrebbe ad agire laddove il vaccino non arriva. Per cui potremmo parlare di effetto combinato: complementari come risultato, ma non come funzione.

Quindi ora inizia una nuova e ulteriore fase della ricerca, che potrebbe condurre all’elaborazione di una potenziale terapia: avete delle tempistiche?

Questo lavoro è nella fase iniziale, ora abbiamo descritto un meccanismo che avviene normalmente in un organismo infetto; il passaggio alla terapia è la fase successiva e cercheremo di lavorarci da adesso in poi.
Tuttavia, i tempi sono molto lunghi: se tutto dovesse filare liscio, si parla di diversi anni prima di avere un farmaco, poiché ci sarebbe ancora la fase di sviluppo, cui seguono i test tossicologici prima di poterlo vendere.

Secondo lei, questo farmaco quali conseguenze potrebbe avere sui costi della salute?

Nei Paesi diciamo più sviluppati, l’influenza è un problema meno evidente, mentre in altre zone del mondo pone ancora diversi problemi, quindi l’interesse sull’argomento è grosso.

Ci toccherà quindi aspettare ancora qualche anno prima di sapere se la fase di elaborazione di una terapia farmacologica darà qualche frutto. Nel frattempo, permangono non pochi interrogativi cui potremo forse dare risposta quando sviluppo e test tossicologici verranno portati a termine.

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