Scienze

Diabete mellito: importante scoperta di équipe ticinese

Capocordata il locarnese Romano Regazzi. Aperta una preziosa strada per nuovi approcci terapeutici.

11 ottobre 2018
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Ricercatori losannesi, guidati dal ticinese Romano Regazzi, hanno individuato un meccanismo coinvolto nel diabete mellito di tipo 1, che permette di aprire la strada a nuovi approcci terapeutici. Le protagoniste della scoperta sono molecole chiamate microRNA. Il diabete mellito di tipo 1 necessita un trattamento a vita, in quanto si tratta di una malattia caratterizzata dall'assenza pressoché totale di produzione di insulina. Questo ormone - ricorda l'Università di Losanna in un comunicato odierno - gioca un ruolo centrale nella regolazione del metabolismo corporeo: favorisce l'entrata di glucosio nei muscoli e nel tessuto adiposo e ne controlla il livello nel fegato.

Le cellule beta, che si trovano nel pancreas, sono le sole del nostro corpo in grado di produrre insulina. Un cattivo funzionamento o una diminuzione del loro numero può causarne una secrezione insufficiente e dunque indurre l'emergenza di questo tipo di diabete, che colpisce circa 40 milioni di persone nel mondo, in particolare bambini e giovani. Tale patologia deriva dall'eliminazione quasi completa delle cellule beta pancreatiche dal sistema immunitario del paziente. Per regolare il tasso di glucosio nel sangue è dunque obbligatorio sottoporsi a iniezioni continue di insulina. Malgrado anni di ricerche, i meccanismi alla base di questa reazione autoimmune restano poco chiari. Ora però, con uno studio pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, l'équipe di Regazzi ha fatto passi avanti in questo senso.

"Abbiamo potuto dimostrare - ha spiegato Regazzi, 58enne nato a Locarno - che i linfociti, una varietà di globuli bianchi presenti nel sangue, rilasciano delle vescicole trasportanti delle molecole, i microRNA, capaci di regolare l'espressione genica". Durante la reazione autoimmune, aggiunge lo specialista, queste vescicole si fondono con le cellule beta del pancreas, secernenti insulina, e trasferiscono loro i microRNA, provocandone la morte per apoptosi, una forma di scomparsa programmata.

Il fenomeno sembra giocare un ruolo chiave nello sviluppo della malattia. Infatti, utilizzando strategie che consentono di bloccare l'azione delle molecole trasferite nelle cellule pancreatiche, Regazzi e il suo team sono riusciti a prevenire il diabete nei topi. La scoperta, oltre a prospettare nuove terapie per impedire o curare questa patologia, apre la strada a una migliore comprensione degli eventi all'origine di altri disturbi autoimmuni. Il prossimo passo per gli scienziati romandi sarà stabilire se la strategia usata per prevenire il diabete di tipo 1 è efficace anche una volta che la reazione si è già innescata. Se fosse il caso, si riuscirebbe a preservare le cellule beta ancora esistenti dopo la diagnosi.

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