Ci sono tanti modi per affrontarlo: guida semiseria in ventimila passi al Salone internazionale del libro (valida da oggi fino al 19 maggio)
Sono numeri da far girare la testa quelli del Salone internazionale del libro, che quest’anno dedica la 37esima edizione alla possibilità dell’incontro, prendendo in prestito il titolo di un romanzo di Lalla Romano Le parole tra noi leggere: parliamo di 137mila m² espositivi, oltre 700 stand, 51 sale e più di 2’500 eventi programmati per il Salone Off. Un cartellone serratissimo degno di un piano biennale. E invece tutto questo dura solo cinque giorni. Il primo effetto è, indubbiamente, lo stordimento di fronte a un’offerta tanto enorme da farti rimpiangere i bei tempi delle indecisioni semplici (spritz o birra? Cono o coppetta?). Ma, una volta entrati, calendario e piantina alla mano (fondamentali per non rischiare di pascolare a vuoto), la confusione inizia a diradarsi e si può cominciare a piluccare qua e là, tra una casa editrice e l’altra, sgomitando educatamente tra i lettori che, immancabilmente, si assiepano attorno agli stand.
Ci sono tanti modi per affrontare il Salone. Si può andare a caso, inciampando casualmente negli eventi col rischio di arrivare in medias res e rammaricarsi per essere capitati solo alla fine (si chiama Legge di Murphy, succederà); preparare un programma serratissimo della giornata (in questo caso conviene prenotare sul sito, dove possibile); oppure fare un sano mix tra le due opzioni scegliendo un paio di tappe d’obbligo per poi lasciarsi trascinare dal flusso. Non da sottovalutare anche una quarta possibilità: privilegiare il contenitore piuttosto che il contenuto e non mancare ad appuntamenti programmati in un certo posto.
La folla è tanta, bisogna avere pazienza e gambe buone per percorrere tutti questi metri quadri dove ogni angolo è una sorpresa e il luogo stesso è un pezzo di storia: capolavoro di architettura industriale moderna, sede storica della FIAT, bersaglio preferito dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, il Lingotto merita di essere osservato con attenzione in tutte le sue parti. Non può mancare una visita sul tetto, dove si trovano l’ex pista di collaudo delle automobili – oggi trasformata in giardino pensile – e la Pinacoteca Agnelli. Per gli amanti dello sport c’è anche un’installazione che omaggia il pingpong – sfortunatamente non utilizzabile – e la vista su Torino leva il fiato. Quest’anno diversi eventi si svolgono proprio qui, in questo parco d’arte abitato da installazioni luminose e opere sonore.
A inaugurare il punto più alto del Salone è stato Abracabook, un bizzarro book party per lettori che, seduti per terra su cuscini colorati, si sono dedicati alla lettura senza distrazioni di un libro a propria scelta. Un invito a disintossicarsi dal cellulare per recuperare la concentrazione, diventata ormai così precaria in questo mondo di ultra stimoli visivi e sonori. Un modo per guardarsi in faccia senza la protesi dello schermo e scambiare due chiacchiere analogiche sbirciando i titoli altrui e sfidando il primo solleone di maggio (per i più sensibili è consigliabile la salita con cappellino e crema solare).
Da non perdere nei prossimi giorni la Maratona d’ascolto Camilleriana (oggi ore 18.30), Leggere il presente con Roberto Saviano (domani, ore 17) e Arte sul tetto del Lingotto, una passeggiata tra opere di artiste e artisti internazionali che hanno trasformato il giardino sulla Pista 500 in un percorso espositivo progettato dalla Pinacoteca (oggi ore 17.30, domani, ore 15.30). Un’altra tappa irrinunciabile è quella al Bosco degli Scrittori di Aboca edizioni: un ecosistema vitale costituito da migliaia di alberi, piante a medio fusto e arbusti, realizzato con materiali ecosostenibili e di recupero. L’aria è fresca, l’atmosfera suggestiva e surreale, estremamente riposante e perfetta per chi è sensibile ai temi ambientali e alla letteratura di viaggio. Gli incontri qui si svolgono in una specie di radura dove il pubblico si siede su comodi tronchi d’albero, circondato dal verde.
Incontro con Joël Dicker
Ospite attesissimo del primo giorno è stato lo svizzero Joël Dicker, giallista da best seller appena uscito per La Nave di Teseo con La catastrofica visita allo zoo: romanzo che conserva la suspense a cui lo scrittore ci ha ormai abituati, distanziandosi però dalle opere precedenti. Non ci sono, infatti, omicidi né crimini violenti. C’è però un’indagine che coinvolge un gruppo di ragazzini alle prese con una misteriosa catastrofe, avvenuta durante una visita scolastica allo zoo. “Volevo scrivere qualcosa che funzionasse sia per gli adulti sia per i bambini – afferma Dicker – eliminando il gap generazionale e creando un’opera che avesse più livelli di lettura. Questo libro parla di democrazia e di libertà. Riflette sulle regole che stanno alla base della società civile. Non è mai troppo presto, né troppo tardi, per parlarne. Essere liberi richiede sforzo, dedizione. Non dobbiamo dimenticare che la democrazia è, per definizione, un sistema debole, perché ammette il libero pensiero, anche quello che potrebbe potenzialmente distruggerla”.
Oltre che a presentazioni di libri moltissimi incontri del Salone sono dedicati alla riflessione sulla lingua e sulla scrittura. I ferri del mestiere è un format che percorre tutto le giornate ospitando autori, editori, sociologi, linguisti e traduttori. Si è cominciato con Professione traduttore, incontro diretto dalle traduttrici Ilide Carmignani, Sara Cavarero, Carla Palmieri, Cristina Vezzaro e Susanna Basso attorno a un lavoro tanto invisibile quanto fondamentale per avere una finestra sulla produzione letteraria mondiale.
La traduzione, per dirla con Susan Sontag, “è il sistema circolatorio delle letterature del mondo”. Senza di essa ci sarebbe preclusa la comprensione di più della metà delle opere a disposizione. Eppure questo mestiere è spesso sottopagato, ignorato, poco ascoltato. È bene starle a sentire queste voci silenziose, queste presenze nell’ombra che raccontano gioie e dolori di un cammino tanto solitario quanto popolato da una molteplicità di persone e personaggi.
Parenti
Abracabook
Dopo ventimila passi, corrispondenti a circa quattordici chilometri percorsi soltanto nel primo giorno di Salone, questa piccola incursione si chiude con un curioso gioco multimediale, un’installazione interattiva ideata dallo stand dei Paesi Bassi, nazione ospite d’onore, dove l’immagine viene trasformata in parole. Le istruzioni sono elementari: mettiti davanti allo specchio e sentiti libero di muoverti come vuoi. La macchina, istruita dai versi e dallo stile della poetessa olandese Ellen Deckwitz, osserva e crea, ideando in pochi secondi un componimento su di te, su quello che vede.
La verità è che si resta straniti di fronte a questa nuova frontiera della composizione letteraria. La poesia è meglio lasciarla agli autori in carne e ossa. Sperando che questa cosiddetta intelligenza artificiale non venga mai educata a tal punto da seppellirci tutti.