È colpa di Luca Crovi e Dario Argento se parafrasiamo il nome della manifestazione dedicata al giallo, che torna dal 14 al 16 maggio alla Lux Art House
“Siamo multimediali e il programma di quest’anno è multiforme. BancaStato ha cambiato apposta le poltrone, che prima erano gialle. Anche il sito era giallo fino a questa conferenza”. Le poltrone dell’Auditorium dell’istituto bancario in realtà sono sempre state rosse e il sito di ‘Tutti i colori del giallo’, almeno sino a quando andiamo in stampa, è ancora giallo. È l’ironico direttore artistico Luca Crovi, che di ‘Tutti i colori del giallo’ è “anima e motore vulcanico” (Simona Rusconi, sindaca di Massagno) a cambiare colore (nulla di politico), visto che il Lux di Massagno, all’interno della storica manifestazione, ospiterà presto la celebrazione dei cinquant’anni di ‘Profondo rosso’, sanguinolento capolavoro di Dario Argento.
Torna arricchito il festival del crime dal 14 al 16 maggio prossimi, per una 21esima edizione di presentazione di libri, spettacoli, musica e cene a tema a cura del Grotto Valletta. E siccome la conferenza stampa svoltasi a Bellinzona in omaggio allo sponsor ha riservato sorprese, andiamo subito al programma.
L’apertura del 14 maggio alle 18.30, nella serata denominata ‘Indagini in giro per il mondo’, è una sorta di esclusiva per la Svizzera. Michel Bussi è scrittore da un milione di copie vendute all’anno in Francia, che ne fanno l’autore francese di gialli attualmente più venduto Oltralpe. A Massagno si racconterà e l’attore napoletano Paolo Cresta leggerà dalle sue pagine, anche perché voce dei suoi audiolibri (oltre che di quelli del commissario Ricciardi, dalla penna di Maurizio De Giovanni).
Giovedì 15 maggio, ‘I misteri di Milano’ nella persona di Gian Andrea Cerone, autore de ‘Le notti senza sonno’ (Guanda), primo atto della squadra investigativa della meneghina Unità di Analisi del Crimine violento, cui nel 2023 fece seguito ‘Il trattamento del silenzio’, romanzi entrambi finalisti al Premio Scerbanenco ed entrambi Premio Franco Fedeli. A seguire ‘La versione di Cochi’, il libro di Cochi Ponzoni – metà della coppia Cochi e Renato (Pozzetto) – in forma di recital di canzoni e ricordi, con tinte che passano anche dalle parti del noir (accompagnano Luciano Macchia e Stefano Covri). ‘Immaginare la paura’ è il titolo della serata di venerdì 16 maggio. Alle 18 Barbara Baraldi, scrittrice di thriller e gialli (‘Aurora Scalviati, profiler del buio’, Giunti) ma anche curatrice di Dylan Dog e tra i protagonisti di ‘Italian Noir’, documentario della Bbc sul thriller italiano. A seguire, per i suddetti cinquant’anni di ‘Profondo rosso’, introdotti dal critico Manlio Gomarasca ecco i Claudio Simonetti’s Goblin a musicare il film dal vivo.
In ordine di apparizione nell’Auditorium, perché fisicamente presenti, Gomarasca riassume il prima e il dopo ‘Profondo rosso’, nelle visioni di chi (Argento) “ha rivoluzionato un vecchio modo di intendere il cinema”. Perché nonostante ‘L’uccello dalle piume di cristallo’ (1970), ‘Il gatto a nove code’ (1971) e ‘4 mosche di velluto grigio’ (1971) già fossero ‘il nuovo che avanza’, “da Profondo rosso in avanti – dice il critico – il giallo all’italiana si tinge di un altro colore, per il sangue ma anche per lo stile”. Anche nella musica. “Ho parlato con John Carpenter a proposito della colonna sonora del suo ‘Halloween’”, racconta Gomarasca, che dal regista statunitense ha ottenuto piena confessione: “Tutto quello che potevo rubare ai Goblin, l’ho rubato”. “L’ha detto anche a me”, gli fa eco qualche sedia più in là Claudio Simonetti, che di ‘Profondo rosso’ ha da poco pubblicato un picture disc in edizione limitatissima e autografata.
Figlio di Enrico Simonetti (1924-1978), uomo Rai, pianista, cantante, compositore, showman, direttore d’orchestra e tante altre cose, nel 1975 il 22enne Claudio era il più grande di “un gruppo di ragazzini inesperti” che veniva dal prog: “Abbiamo vissuto a Londra per quasi un anno, amavamo Genesis, King Krimson, Jethro Tull. Il prog era un genere di nicchia, in quegli anni in Italia andavano le canzonette”. Ma il prog di nicchia dei Goblin venderà milioni di copie: “Al ritorno da Londra mio padre ci presentò l’editore Carlo Bixio, della Cinevox Record. Dario Argento non era convinto delle musiche di Giorgio Gaslini (1929-2014, pianista, compositore e arrangiatore, ndr), voleva i Pink Floyd, andò a Londra per incontrarli ma non ci fu niente da fare. Così ci disse di registrare ciò che Gaslini aveva scritto. Poi Argento e Gaslini ebbero divergenze e a noi cinque debosciati toccò di fare tutte le musiche principali”.
Nasce così l’epopea dei Goblin. “Come si dice, nella vita bisogna trovarsi al posto giusto nel momento giusto. La reazione di mio padre? È sempre stato un avanguardista anche se veniva dal jazz. Amava il rock, ci chiamò per altre colonne sonore. Se ne andò tre anni dopo, e sono contento che abbia fatto in tempo a vedere il figlio avere successo”. I Goblin firmano ‘Profondo rosso’, ‘Suspiria’ e ‘Zombi’ di George A. Romero, di cui Argento era coproduttore, poi si sciolgono. “Nel 1978 è finita un’epoca: i sessantottini hanno cominciato a fare gli yuppie, il rock è morto ed è arrivata la dance, e per me che ho vissuto in Brasile fino ai quindici anni è stato divertente”. Come non Goblin, Simonetti firma le musiche da ‘Phenomena’ in avanti per quattordici film di Argento, undici come regista e tre come produttore. E in nome della dance firma anche la musica del tormentone ‘Gioca jouer’ di un altro Claudio: Cecchetto. “Lo conobbi a Discoring, mi disse che aveva questa idea di pezzo in cui lui dava i comandi e la gente eseguiva. Andai a casa a scrivere una cosa che fa ballare sempre, la tarantella, lui fece il resto. Doveva essere un 45 giri, poi Cecchetto fu chiamato a Sanremo, la canzone ne divenne la sigla ed esplose”.
C’è un’altra persona che molto presto nella vita se n’è andata a Londra. Cochi Ponzoni, altro ospite della conferenza. “Ci sono andato con Renato ed Enzo”. Enzo è Jannacci, caricato a tradimento sui sedili di dietro di una Mini Cooper e portato verso quella che per lui non era ‘London’ ma, tutto insieme, ‘Swinging London’. “Era appena tornato da un viaggio massacrante a Pompei, ci ha chiesto dove lo portavamo, gli abbiamo detto ‘tu dormi, non ti preoccupare’”. I tre giovani arrivano a Calais, attraversano la Manica, dormono in tenda in Crystal Palace sotto un’antenna della Bbc e la mattina dopo Enzino viene portato a Carnaby Street, ed esclama: “Ma è tutta qua la Swinging London? Pensavo fosse un’altra roba”.
Il viaggio finisce tra Manchester e Liverpool: “Li ho portati a nord, dove vendevano le Church a poco”, dice Cochi. “Siamo tornati a Milano con tante di quelle scarpe che avremmo potuto aprirci un negozio”.
Da Cochi arriva anche il racconto di un mezzo thriller, e cioè di come Jannacci convinse i discografici della bontà di ‘Vengo anch’io. No, tu no’ e ‘La gallina’ (“Lo guardavano come si guarda un pazzo, diceva cose al limite della supercazzola e tanto fece che alla fine le accettarono”). ‘La gallina’ che ha un racconto a sé: “Quand’ero piccolo la nostra portinaia ne aveva una che faceva un gran baccano. Me la vedevo venire incontro con questi occhietti che non erano il massimo dell’intelligenza… Ancora oggi ce la chiedono, ormai è uno slogan”. C’è anche la genesi di ‘E la vita l’è bela’ (“Enzo si mise al pianoforte e il resto lo fece la cassoeula che aveva fatto mia mamma”) e di quando Enrico Beruschi, compagno di scuola di Pozzetto alle Medie e di Cochi a Ragioneria, chiese loro di potersi esibire al Derby perché era stufo di fare l’amministratore delegato della Galbusera biscotti: “Aveva notato che a volte sul lavoro si mettevano a ridere anche se era serio...”.