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Telepatia, maternità e un leggendario paroliere

Nei giorni del BDS, lo straordinario ‘El mensaje’ di Iván Fund, il bel ‘Mother’s Baby’ di Johanna Moder e il superficiale ‘Blue Moon’ di Richard Linklater

Delude ‘Blue Moon’, che ha come protagonista Ethan Hawke (nella foto)
(Keystone)
18 febbraio 2025
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Il freddo e le elezioni lasciano il posto alla paura di cosa succederà anche qui alla Berlinale: giovedì e venerdì ci sarà uno sciopero generale dei trasporti pubblici ed essendo la kermesse distribuita su sale disposte in largo raggio, diventerà impossibile seguire i film che ognuno si è programmato. Proseguono intanto le polemiche sulle affermazioni di Tilda Swinton e altri registi a favore del BDS, sigla che sta per “boicottaggio, disinvestimento e sanzioni” e si rivolge, tra l’altro, alle merci provenienti da Israele e contro la cooperazione con Israele, nella cultura e nella scienza. La Berlinale aveva preso posizione contro la protesta appellandosi al fatto che il Bundestag aveva condannato il movimento in una risoluzione, per modello di argomentazione e metodi definiti “antisemiti”. È successo che in varie sale registi e attrici e attori ribadiscono le posizioni di Swinton anche con cartelli che mettono la direttrice del Festival in mezzo ai potenti degli Usa: “Donald & Alice & Elon”.


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Sandra Rojas, Fernanda Perez, Florencia Visconti ed Evangelina Rojas di ’El Mensaje’ (The Message)

Bianco e nero

Intanto si va al cinema e il grande schermo del Berlinale Palast si è illuminato di mattina con un film che punta dritto all’Orso d’Oro: ‘El mensaje’ (The Message), scritto, diretto, fotografato e montato dall’argentino Iván Fund, già a Cannes con ‘Los Labios’ nel 2010 (Un Certain Regard) e a Venezia con ‘Dusk Stone’ nel 2021 (Giornate degli Autori). Ha girato in bianco e nero, con un manipolo di attori, con una indipendenza autoriale totale. In una intervista in Argentina ha dichiarato, a proposito del film: “Il fatto che sia stato preso in concorso alla Berlinale parla meglio del festival che del mio film. Parla di un festival che sta davvero correndo un rischio molto grande e sta scommettendo su un tipo di cinema, su uno sguardo che, indipendentemente dalla sua struttura di produzione, dai nomi, da chi occupa quel cast, scommette sul cinema e su ciò che l’opera esprime”. Ed è vero ci voleva coraggio.

Il film è veramente straordinario, racconta una storia di miseria in un Paese, l’Argentina, piegata da una crescente povertà generale. Scopriamo uno strano trio composto da una bambina (Anika Bootz) e due adulti Myriam e Roger, interpretati da Mara Bestelli e Marcelo Subiotto. Per vivere, i due adulti sfruttano la bambina e le supposte sue qualità telepatiche; lei riesce a comprendere il pensiero degli animali sia vedendoli dal vivo che in fotografia. Myriam interpreta i messaggi che la ragazza, Anika, riceve, mentre il compagno di Myriam, Roger, negozia il prezzo per ogni transazione. In questo incredibile e stupendo road movie c’è una geografia stradale molto legata a una immaginazione fanciullesca. Si vedono, attraverso il paesaggio e l’architettura, i profili delle persone che ci vivono. ‘El mensaje’ è un film di poesia che si chiude regalando una sensazione panica di infinito, è un canto della povertà dal quale brilla un raggio d’amore che scalda e offre speranza. Macchine da soldi


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Johanna Moder, al centro, e gli altri di ‘Mother’s Baby’

In Concorso anche il potente ‘Mother’s Baby’ dell’austriaca Johanna Moder, coproduzione Austria-Svizzera-Germania. Un film sull’amore materno, ma insieme una forte riflessione sul senso di avere figli, sul peso che la maternità ha sulle madri e la loro vita come carriera e, ancora, sulla terribile libertà delle cliniche private, macchine da soldi dove il cuore non serve. La regista ci porta a conoscere Julia (una intensa Marie Leuenberger), 40enne direttrice d’orchestra di successo. Lei e il suo compagno Georg (un credibile Hans Löw) desiderano un figlio e per questo fanno vari tentativi inutili, fino a quando incontrano l’affabile e spregiudicato dottor Vilfort (un Claes Bang ben in parte), specialista della fertilità con una clinica privata. Si affidano a lui e Julia rimane incinta. Il parto non va come previsto, anzi: il bambino viene immediatamente portato via per non comprensibili cure, lasciando Julia e il marito attoniti e all’oscuro dell’accaduto. Quando Julia finalmente si riunisce al bambino, si sente distante da lui. La presenza del bambino mette a dura prova il loro matrimonio poiché diventa chiaro che Julia ha dei dubbi sul fatto che il bambino che hanno portato a casa sia davvero suo. Ben girato, il film merita gli applausi.

Storia di Lorenz Milton Hart

Il film del Concorso sulla carta più atteso era ‘Blue Moon’ di Richard Linklater: la caccia al biglietto è diventata feroce, noi siamo entrati per primi in sala con mezz’ora d’anticipo e ci siamo divertiti a guardare come essa si riempiva e le liti per i posti (con il resto della fila fuori al freddo, a cercare introvabili biglietti). Ne valeva la pena? Era un film da vedere, purtroppo in parte deludente. La storia che racconta è quella del paroliere statunitense Lorenz (Larry) Milton Hart (2 maggio 1895 - 22 novembre 1943), tra i cui testi più famosi figurano ‘Blue Moon’ (che dà il titolo al film), ‘The Lady Is a Tramp’, ‘Manhattan’, ‘Bewitched, Bothered and Bewildered’ e ‘My Funny Valentine’. Linklater, in cento minuti, racconta in tempo reale gli eventi accaduti al bar Sardi di New York la sera del 31 marzo 1943, prima che ‘Oklahoma!’, spettacolo di successo dell’ex partner di Milton, il musicista Richard Rodgers, andasse in scena.

Larry Hart, che fu definito “il bardo espressivo della generazione urbana che è maturata negli anni tra le due guerre”, non era come al solito il paroliere dello spettacolo, anche se il suo nome era stato annunciato; Rodgers aveva coinvolto Hammerstein nel progetto proprio a causa del peggioramento delle condizioni mentali di Hart. Quest’ultimo avrebbe ammesso di avere difficoltà a scrivere un musical per un ambiente così rurale come l’Oklahoma e se ne sarebbe andato dal progetto. La storia che Linklater racconta è il momento in cui, finito lo spettacolo, tutti si radunano al bar per festeggiare, mentre l’unico a non partecipare alla festa è proprio Larry. Al termine di questa meditazione sull’amicizia, l’arte e l’amore, nel susseguirsi di famosi e futuri famosi, Hart farà i conti tanto con un mondo irrevocabilmente cambiato dalla guerra che con l’apparente impossibilità dell’amore.

Il tempo che fu

‘Blue Moon’ è un film claustrofobico, chiacchierato più che parlato, fermo sulla fredda rappresentazione. Il Larry Hart di Ethan Hawke è la pallida rappresentazione senza l’emozione dell’ubriacatura che segna il personaggio; Andrew Scott nel ruolo di Richard Rodgers è compassato ed estraneo al gioco, Margaret Qualley nel ruolo della protetta di Hart, Elizabeth – giovane collega di cui il protagonista si innamora facilmente, ma senza speranza – è fredda come una regina di ghiaccio. Tutti inespressivi a parte Bobby Cannavale nel ruolo del barista, con il quale Larry si sofferma a parlare del tempo che fu, dei suoi successi musicali, dello stato del teatro e del cinema. Il problema di ‘Blue Moon’ è che Richard Linklater non riesce a far rivivere quel tempo e quelle illusioni, si ferma in superficie; il pubblico ride a tempo alle battutine spiritose e alla fine applaude. Per chiudere con Hart: alla festa della prima disse a Rodgers: “Questo è uno dei più grandi spettacoli che abbia mai visto e sarà ancora in scena tra vent’anni!”. E ‘Oklahoma!’ è ancora in scena!