È un uomo di grandi passioni e di segrete dolcezze Gianni Amelio che oggi compie 80 anni. È un appassionato di cinema che passerebbe le giornate a parlarne, a collezionare manifesti antichi, a rivedere il cinema del passato se non fosse già travolto dalle idee di una sua nuova creazione.
È nato a Magisano, un paesino con poche centinaia di abitanti sulle colline vicino a Catanzaro. A Messina, dove si è laureato in filosofia, scopre la sua passione per il cinema e a vent’anni fa il grande balzo verso Cinecittà e impara il mestiere come aiuto regista. Nel 1973 per i “programmi sperimentali” della Rai Amelio dirige ‘La città del sole’, un ritratto quasi caravaggesco (nelle luci e nei tagli d’inquadratura) del monaco calabrese Tommaso Campanella. Tre anni dopo Bernardo Bertolucci lo invita sul set di ‘900’ e ne nasce uno dei più riusciti modelli di making of del cinema italiano: ‘Bertolucci secondo il cinema’.
Ormai per Amelio è tempo di tentare la via del cinema-cinema ed eccolo debuttare una seconda volta, nel 1982, con ‘Colpire al cuore’, realizzato con pochissimi mezzi grazie all’intuizione del produttore Enzo Porcelli: da un’idea del regista gli affida un copione scritto da Vincenzo Cerami sulle luci e ombre del terrorismo in Italia.
È poi la volta di ‘Porte aperte’ (dal romanzo di Leonardo Sciascia), girato nel 1989 con Gian Maria Volonté e candidato italiano all’Oscar. Per l’autore è la consacrazione internazionale che spinge il successivo ‘Il ladro di bambini’ nel concorso di Cannes dove vince nel 1992 il Gran Premio della Giuria e ottiene poi un grande successo di pubblico. Il lavoro successivo, ‘Lamerica’ (1994) porta in primo piano il dramma dell’emigrazione dall’Albania all’Italia. Applaudito alla Mostra di Venezia, ha lo spessore del kolossal per impegno produttivo. Curiosamente tutto questo porta a un periodo di ripensamento e di silenzio. Infatti passano quattro anni per ritrovare Amelio in concorso a Venezia: ‘Così ridevano’ è forse il suo film più personale e difficile che però vince, quasi a sorpresa, il Leone d’oro.
La filmografia successiva di Amelio annovera tentativi sempre più personali e diversi per approccio e stile: ‘Le chiavi di casa’ (2004) con Kim Rossi Stuart dal romanzo di Giuseppe Pontiggia sulla disabilità; ‘La stella che non c’è’, con Sergio Castellitto, accompagna il protagonista in Cina; ‘Il primo uomo’ arriva in Algeria sulle tracce di Albert Camus; ‘L’intrepido’ porta Antonio Albanese in Albania ritornando al tema del rapporto tra padri e figli così come il successivo ‘La tenerezza’ per cui Renato Carpentieri vince il David di Donatello nel 2018.
Infine c’è spazio per ‘Hammamet’ con Piefrancesco Favino nei panni di un Bettino Craxi stanco e deluso alle soglie della morte. Negli ultimi anni Amelio ha continuato a indagare la storia italiana attraverso personaggi contraddittori e solitari in opere discusse e amate come ‘Il signore delle formiche’ o il recente ‘Campo di battaglia’ ambientato nelle trincee della Grande Guerra.ANSA