Culture

Agli sceneggiatori piace violento

Secondo una ricerca condotta sui film realizzati negli ultimi cinquant’anni, il numero di ‘parole omicide’ è aumentato costantemente

Sempre più "parole omicide", e non solo nei film d’azione o polizieschi
(keystone)
31 dicembre 2024
|

Quello della violenza nelle opere di finzione è un tema dibattuto dai tempi antichi, con rinnovate preoccupazioni a seconda del media coinvolto: dal testo scritto a quello recitato in teatro, dal cinema ai fumetti ai videogiochi, periodicamente c’è chi teme una sorta di “contagio” della violenza e chi invece sostiene che la violenza rappresentata permetta di meglio elaborare e gestire l’aggressività, senza dimenticare le giuste rivendicazioni dell’autonomia dell’espressione artistica.

Gli autori di una ‘Research Letter’ da poco pubblicata sulla rivista Jama Pediatrics non prendono esplicitamente una posizione in questo dibattito, per quanto traspaia dal loro lavoro una certa preoccupazione quantomeno per i soggetti più vulnerabili, in particolare i più giovani. Nel loro lavoro ‘Trends of Violence in Movies During the Past Half Century’, Babak Fotouhi del College of Information dell’Università del Maryland, Amir Tohidi dell’Università della Pennsylvania, Rouzbeh Touserkani dell’Institute for Research in Fundamental Sciences di Tehran e Brad J. Bushman della Ohio State University si sono invece concentrati su un aspetto quantitativo: negli ultimi cinquant’anni i film danno maggiore spazio alla violenza?

Per rispondere a questa domanda hanno calcolato l’uso di verbi legati all’uccidere e al dare la morte nel corso degli anni. I risultati rivelano un aumento costante di questo linguaggio violento, non solo nei film d’azione o polizieschi, ma in tutti i generi cinematografici.

Uccidere in 160mila titoli

I ricercatori hanno preso dal sito OpenSubtitles.org, un vasto archivio che raccoglie i sottotitoli di film da tutto il mondo, i dialoghi di oltre 160mila film in lingua inglese, prodotti tra il 1970 e il 2020. La loro analisi si è concentrata su due verbi specifici: “kill” (uccidere) e “murder” (assassinare), considerando tutte le loro varianti. Per essere precisi, i ricercatori hanno contato solo le frasi in cui questi verbi appaiono in forma attiva, come “lui uccide”, escludendo forme passive (“viene ucciso”), negative (“non uccide”) o interrogative (“ha ucciso?”). Così facendo gli autori hanno voluto evitare di includere nell’analisi forme di violenza verbale più difficili da valutare. Meglio sottostimare la violenza nei film che sovrastimarla, insomma.

Per capire se l’aumento della violenza verbale fosse un fenomeno generale o limitato a certi tipi di film, il campione di film è stato poi diviso in due categorie: film di genere ‘crime’ (polizieschi, thriller, noir) e tutti gli altri. Sono stati inoltre analizzati separatamente i dialoghi dei personaggi maschili e di quelli femminili, per verificare eventuali differenze di genere. Questa enorme quantità di dati è stata analizzata facendo ricorso a un software di analisi del linguaggio naturale sviluppato dall’Università di Stanford.

Poco meno del 7% dei film presenta questi “verbi omicidi”: una percentuale apparentemente contenuta che però è aumentata nel corso degli anni. Questo aumento non si limita ai polizieschi, dove la violenza verbale è verosimilmente giustificata dalla storia, ma lo troviamo anche in altri generi cinematografici. L’aumento riguarda inoltre sia i personaggi maschili sia quelli femminili, con la curiosa eccezione dei personaggi femminili nei film di genere ‘crime’.

Questi dati suggeriscono una sorta di “normalizzazione” della violenza nel cinema contemporaneo. Secondo i ricercatori si tratta di una scelta precisa dell’industria cinematografica che, per far fronte alla concorrenza, ricorre alla violenza per catturare l’attenzione di un pubblico sempre più frammentato e distratto. Bisogna comunque tenere presenti i limiti di questa ricerca: l’analisi sui dialoghi, concentrandosi solo su alcuni verbi specifici, è infatti parziale e potrebbe non tenere conto di diversi aspetti, linguistici e culturali. Tra cui l’evoluzione dei dialoghi cinematografici che tende a un linguaggio più naturalistico e diretto, anche e soprattutto nei generi non ‘crime’. In poche parole: i film potrebbero semplicemente essere scritti in maniera meno artificiosa di un tempo.RED