Sabato 16 novembre a Lugano un tributo per Berta, che fu pioniere della scena musicale ticinese. Ce lo raccontano la figlia Kathy e Leo Leoni
Volevano che fosse una festa e una festa tra amici sarà. Lo dice il titolo dell’evento, ‘Una festa per Kiko!’, con lo stesso punto esclamativo che si sente forte nelle parole di Kathy, che del Kiko (Berta, Enrico all’anagrafe, strumentista, produttore e ingegnere del suono) è la figlia. Dalla morte, nel settembre 2022, di uno dei protagonisti della scena ticinese dalle cui mani è transitato il suono di buona parte della musica di questo cantone, «l’idea di dedicare una serata a papà è stata ventilata da più parti, ma un’occasione del genere richiede un investimento in termini di tempo non indifferente». C’è stato l’interesse più concreto di un paio di persone, ma per finire «l’organizzazione l’abbiamo presa in mano mia mamma Anita e io». L’appuntamento è per sabato 16 novembre al Padiglione Conza di Lugano (dalle 20, entrata libera) per un ricordo in immagini e racconti. E naturalmente in musica, con i Forsale (gruppo dalle cui ceneri nacquero i Gotthard) ft Leo Leoni, i centrocittà e la Bisbino Folk Band.
Non è semplice per Kathy raccontare il padre con un’unica immagine. Un po’ «perché molte di quelle che ho con lui, a me paiono momenti normali, ma se le condivido con gli amici mi dicono che mica tutti hanno vissuto cose così»; e un po’ perché ne ha «un’infinità». Per rimanere nel mondo della musica, «ciò che porto maggiormente con me è senza dubbio avere vissuto gli eventi da dietro le quinte. Quando ero piccola, papà mi portava nella parte retrostante al palco, dove c’erano gli artisti e poteva capitare che bevessi dal biberon a due passi da un artista immenso come David Bowie. Quasi tutti i concerti li ho vissuti da ‘dietro’, che è tutto un mondo (direi come una grande famiglia) totalmente diverso da ciò che si vede davanti». E poi ci sono i tanti, tantissimi ricordi nello studio di registrazione, dove trascorreva giornate «a giocare con i Lego insieme al Leo (Leoni, ndr) o allo Steve (Lee, storica voce dei Gotthard morto nel 2010 in un incidente stradale negli Usa, ndr)». In pratica – dice con il sorriso nella voce – è cresciuta a biberon e rock & roll.
È il rock che più di tutto ovviamente le riporta il papà alla mente. «Ci sono gruppi, come i Pink Floyd, che da quando lui non c’è più fatico ancora ad ascoltare perché erano la sua colonna sonora». Ma i ricordi hanno i loro percorsi e possono prendere strade apparentemente più improbabili, come «quella canzone che mi è capitato di sentire spesso dopo la sua scomparsa, quasi fosse un richiamo, le cui prime parole tradotte dicono qualcosa come “come faccio a separarmi da che, che hai i miei stessi occhi e i miei stessi capelli...?”» O quel brano dei Beatles, che lui accompagnava con la chitarra e «insieme cantavamo a squarciagola». Difficile, ci dice, sceglierne una sola. «Mio papà per me era, è musica».
Racconta però un aneddoto: «Da quando ho memoria, in salotto dei miei genitori c’era una libreria piena di dischi e io, già piccolissima, li facevo passare tutti finché riconoscevo la copertina del disco degli Yes. Volevo ascoltare sempre e solo ‘Owner of a Lonely Heart’. Non so quanti anni avessi, ero davvero molto piccola ma me lo ricordo bene e ancora oggi, quando sento la canzone, mi sembra di tornare in quel salotto».
Una passione senza freni, quella di Kiko per l’universo musicale. «Il suo era un amore travolgente, tanto che anche per me e mia mamma è sempre stato bello condividere quel suo mondo. Papà lavorava spesso il weekend e di notte, eppure questo non ci è mai mai mai pesato: andavamo sempre con lui e non ci costava». Semplicemente, dice Kathy, «eravamo noi tre».
Già, la passione. Se lo ricorda bene anche Leo Leoni – chitarrista dei Gotthard – l’interesse vivissimo per la musica di Kiko Berta, che «lui ha saputo trasformare in professione. Lo ha fatto aprendo in maniera competente e seria una delle prime ditte che si occupava di sonorizzazione (la K-Sound) e, poi, il suo studio di registrazione. E per questo è stato un visionario». Visionario, con i piedi per terra e tanta voglia di fare. «Era un grande lavoratore, che ha sempre cercato di dar una mano a tutto l’ambiente musicale ticinese. Lo ha fatto in tempi in cui non era facile lanciarsi; sebbene non ci siano momenti più semplici di altri, per certi salti nel vuoto. Per buttarsi occorrono un’idea, forza, volontà e un certo coraggio. Lui ci ha messo tutto questo. In quel Ticino in cui non c’era molto, Kiko ha saputo creare un’offerta efficiente».
Prima ancora che con e ai Gotthard – dice –, Berta «ha dato una grande opportunità a me, concedendomi fiducia. Per fare un esempio: mi aveva dato le chiavi del suo studio di registrazione, dicendomi di usarlo ogni volta che ne avessi avuto bisogno. Quanti lo farebbero? Abbiamo lavorato assieme in numerose occasioni, quando necessitavo di qualcuno che sapesse fare bene il lavoro. E lui lo sapeva fare eccome». Tra i tanti ricordi collezionati negli anni, più che uno specifico Leoni racconta la «persona cordiale e al contempo determinata» che era Berta. «Abbiamo trascorso parecchio tempo assieme, spesso lavorando anche fino alle ore piccole. Specialmente agli inizi dei Gotthard, capitava di fargli ascoltare quello su cui stavamo lavorando e lui ci dava conferma che eravamo sulla via giusta; peraltro è sempre stato dispensatore di buoni consigli». Poi la professione di uno ha portato Kiko da una parte e la professione dell’altro ha portato Leo da un’altra parte, così negli ultimi tempi ci sono state meno opportunità di incrociarsi. «Sentivo però la sua felicità per il nostro successo, quello sì; ciò che non è assolutamente scontato».
Alla festa per Kiko (punto esclamativo), dice Leo Leoni, «mi lascerò sorprendere io stesso. Non ho un programma ben preciso; saremo lì per ricordare un amico e lo ricorderemo nel migliore nei modi». Certo, aggiunge, «avrei preferito partecipare alla festa per un suo compleanno... Però sono contento e pure orgoglioso di far parte di una serata in suo onore. Sarà bello ricordare Kiko e condividere ricordi e aneddoti con le persone che l’hanno conosciuto. E farlo con il sorriso sulle labbra. Che credo sia una bella cosa».