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Maria Amadini, ottant’anni fa

Il 1° luglio 1944 la Seconda Guerra Mondiale era ancora in corso, si delineava la vittoria degli Alleati, Giuseppe Motta era morto da due anni, Marcel Pilet-Golaz, era scappato a Parigi, Max Petitpierre ne aveva preso il posto in Consiglio Federale, Plinio Verda su ‘Il Dovere’ poteva scrivere le sue invettive contro il nazifascismo senza sfidare la censura federale.

Bellinzona visse un evento musicale memorabile: nella Palestra della Società Federale di Ginnastica, stipata da forse 2’500 ascoltatori, un Concerto vocale-strumentale con i cori Santa Cecilia e Melodia, l’Orchestrale, l’orchestra sinfonica bellinzonese, complessi tutti preparati e diretti dal loro storico maestro Luigi Tosi, ma affidati per l’occasione a musicisti ospiti del campo profughi della vicina Roveredo: Vittore Veneziani, direttore dei Cori della Scala, un baritono di cui non ricordo il nome, e a un giovane basso, ventunenne e ancora sconosciuto: Cesare Siepi.

Il programma chiedeva anche due soliste femminili, che furono scelte nella nostra Corale: la soprano Anna Borellini e la mezzosoprano Maria Amadini, appena ventiquattrenne, che lasciò il pubblico a bocca aperta. Anche Veneziani la notò e, finita la guerra, la chiamò alla Scala di Milano; che risorgeva dalle macerie della guerra.

Cerco in internet e la trovo in una registrazione del 1953 dell’Andrea Chenier di Giordano con l’Orchestra e i Cori della Scala di Milano, diretti da Antonino Votto, nel ruolo della Contessa, accanto a Mario del Monaco, Andrea Chenier, Maria Callas, Maddalena di Coigny.

A trent’anni Maria Amadini è lanciata in una carriera che può diventare travolgente, ma deve concedere molto alla mondanità. Fa una scelta di vita: diventa insegnante di canto alle scuole elementari di Bellinzona.

Mi commuove la sensibilità di Bellinzona, che in uno stradario tutto al maschile, dedica due piazze a due sue cittadine valorose. Oggi a Maria Amadini, voce meravigliosa, vent’anni fa alla partigiana Lucia Buonvicini-Pizzigaglia, caduta in Valsolda nel 1945. di Enrico Colombo