Quello di Catherine Lacey, appena uscito per Big Sur, è un romanzo nel romanzo
Fernando Pessoa, uno dei maggiori poeti portoghesi del ‘900, si dedicò, negli anni, alla creazione di decine e decine di eteronomi a cui attribuiva poesie ed epistolari: non si trattava di scrivere sotto pseudonimo, ma di dar vita a veri e propri personaggi indipendenti dotati di una biografia, di una soggettività e persino di caratteristiche fisiche specifiche. Erano segmenti di una personalità prismatica che trovava una riunificazione solo nella moltiplicazione di sé. Chi era allora Pessoa? Come affrontare un autore abitato da una miriade di menti creative, ognuna con uno stile, una poetica, un linguaggio e un nome distinti? La risposta sta nell’atto stesso della creazione. Nel cambio di prospettiva che ci permette di prendere le distanze dal singolo verso per osservare l’insieme, la macro-opera che contiene tutte le altre. Sono gli eteronimi la sua più grande invenzione.
L’ultimo romanzo di Catherine Lacey, eccezionale scrittrice statunitense classe 1985, si sviluppa attorno a una sorta di Pessoa contemporanea, una generatrice di identità multiple indossate negli anni, abbandonate e solo in seguito rivendicate come ideazioni di un’unica personalità, come parte di un enorme progetto performativo e artistico. ‘Biografia di X’, appena uscito per Sur (collana Big Sur) con la traduzione di Teresa Ciuffoletti, è un romanzo nel romanzo, dove la storia di X, scrittrice, performer, pittrice, musicista, sceneggiatrice e chi più ne ha più ne metta, viene raccontata in prima persona dalla sua vedova per correggere, almeno nelle intenzioni iniziali, i numerosi errori di una biografia non autorizzata uscita poco dopo la sua morte.
La ricerca sulle origini di questa misteriosa donna, di cui la stessa narratrice ignora gran parte della storia, si trasforma ben presto in un dolorosissimo e inarrestabile scavo archeologico, dove emergono dal sottosuolo strati e strati di vite passate sepolte. Sullo sfondo di un’immaginaria seppur verosimile America in cui per decenni il nord progressista e moderno è stato diviso da un sud dispotico, violento e conservatore, C. M. Lucca, compagna di X, ex giornalista, comincia le sue ricerche ripercorrendo a ritroso i passi della moglie e incontrando tutte le persone che l’hanno conosciuta nelle sue infinite identità, vissute dalla testa ai piedi: Dorothy Eagle, Martina Riggio, Bee Converse, Clyde Hill sono solo alcuni dei personaggi creati da X per esplorare tutti gli angoli del proprio io e della propria arte o, forse, per annullarli in una moltiplicazione nichilista che sminuzza l’essere in così tanti pezzi da rendere impossibile il ritorno ad un unicum.
“Io non mi domando mai ‘chi sono io’… – afferma X in un’intervista riportata nella biografia – Mi domando ‘chi siamo io»’… Chi può dire chi siamo io, di quanti sono fatta, quale io è il più io dei miei io? Cos’è un soggetto umano, Barbara, cos’è che ci fa vivere così bene e così male, tanto che dopo milioni di anni non sappiamo ancora come morire o cosa sia la morte? Un soggetto è come minimo un migliaio di persone…Non crede?”.
La vita di X, sbucciata come una cipolla, spogliata di tutte quelle identità, sembra diventare, pagina dopo pagina, sempre più evanescente, come se si tentasse di scomporre in tante goccioline l’acqua contenuta in un bicchiere. Catherine Lacey crea una finzione nella finzione dando vita ad un personaggio così complesso e ben congegnato da trascinare il lettore in un vortice di riflessioni sulla vita dentro e fuori dall’arte, sull’esistenza. X, come i suoi tanti eteronomi, non esiste eppure è stata capace di ingannare tutti.