laR+ La recensione

‘Miei lari’ di Paola Loreto, un percorso d'amore

Tra le righe della parabola familiare contenuta nel libro edito da Marcos y Marcos, per la collana diretta da Fabio Pusterla e Massimo Gezzi

Paola Loreto
4 settembre 2024
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Ecco cosa sono i lari: “divinità venerate dai Romani, specialmente nel culto privato presso il focolare domestico. Il lare familiare vegliava sulle fortune della casa e a lui i membri della famiglia rendevano culto quotidiano, specialmente alle calende, none, idi”. Figure dunque rammemorate a furia di sparizioni. Personalità rimembrate a colpi di assenze. Caratteri ritrovati tra le insistenze della quotidianità che sovvengono, che appaiono. Paola Loreto in questa sua ultima raccolta – uscita nella collana diretta da Fabio Pusterla e Massimo Gezzi di Marcos y Marcos – traccia, in sei quadri/sezioni, un percorso d’amore che non ha risparmiato nulla e, soprattutto, nessuno di loro (la sua famiglia).

Una voce pensante dice quanto il tempo lasci nell’ingiallimento delle fotografie una memoria; una sofferenza narra quanto il dolore urli da un’oscenità straziante, dove nemmeno la giustizia, ha mai saputo concludere una pacificazione; una malinconia parla da corpi che hanno dato alla vita e alla morte una storia da rivedere come in una moviola girata piano, fuori sincrono. Sono le presenze di una sorellanza, di una maternità e paternità raccolte piano, a farci trasbordare in questa scrittura nata da immagini, inquadrature e voci fuori campo che si susseguono nella lettura. Ma la poesia non traccia tutto: lascia spazi vuoti, lascia spazio ai non detti che l’hanno accompagnata nella sua età, tra i suoi desideri e nelle mutazioni di un corpo che si è sempre messo alla prova con la vita che l’ha attraversato.

Paola Loreto è una parola scarna, di fatica. La sua poesia ha sempre riguardato le “vette” più che i “pianeggiamenti” delle constatazioni. In questa parabola familiare il suo sguardo è di chi sta accanto e mai né troppo indietro né troppo avanti: un passo da montagna. Le inquadrature che imbastisce dalla sua attenzione al linguaggio poetico (rigorosa traduttrice di poeti americani) sono sempre impostate sulle focalizzazioni dei dettagli, sulle posture che le cose hanno nel reale, sulle travalicanti visualizzazioni di paesaggi che non sono mai didascalici, ma concretamente innestati sulla sua forte e precisa percettività soggettiva. Dice il vero la poesia di Paola Loreto, dicendo l’autentico, il “semplicemente così” e non tralascia mai il peso di una parola scartata per un'altra salvata, perché sa – come i poeti sanno – che per ogni parola scelta altre mille sono state sacrificate e di questo sacrificio bisogna esserne sempre responsabili: bisogna saperlo far vedere! Ma il punto focale di tutta questa raccolta è l’affettività per gli scomparsi; è l’amore per gli allontanati, i non più qui. Ed è questa “mancanza” a tracciare la mappatura di una restituzione. Assenze che riconsegnano una partitura composta dagli anni, dalle vite e dai dolori mai dimenticati, mai lasciati andare. Saranno loro – i lari – a fare di questa raccolta un vero e proprio canzoniere d’amore.

Marina, Paolo e Anna sono i personaggi che diventano stilemi, che si trasformano qui, in condizioni umane da tenere accanto come “corpi” protettivi e generosi, come “numi” da tutelare ancora per far sì che possano, indisturbati, tutelare sempre. Ma non solo “loro” gli unici che accadano in questo rito laico della riconoscenza. Ci sono anche i “Tu” degli incontri regali: coloro che fanno il “due” e che nella mattanza del tempo diventeranno importanti perché capiti, perché necessari. “sei come me/sai stare da sola/solo quando sei in due” e questo perché, solo loro, sapranno restarci vicino a dirci come siamo, dove siamo e forse anche il perché. E saranno proprio sempre “loro” a diventare le nostre più care presenze vissute come accudimenti, come gentilezze, come condivisioni: glorie discrete della felicità. È una poesia maturata dalla vita questa raccolta di Paola Loreto: un baratto d’anni concessi a chi l’hanno resa parola e mai ombra. “Io non lo so/dove siete finiti/tutti. /Ma in questa luce/in quest’aria di niente/qualcosa/qualcuno/c’è”.