Nella Locarno festivaliera, breve cronaca di una tavola rotonda su ‘Media e cultura’, nata da un fascicolo con testimonianze di operatori del settore
Dunque, tocca per forza ricapitolare. Nel cortile della Biblioteca cantonale di Locarno, in pieno festival (ma di primo mattino, per far colazione), si è tenuta ieri una tavola rotonda intitolata ‘20 di cambiamento’, titolo apparentemente enigmatico di un incontro fra addetti ai lavori sul tema ‘Media e cultura’. Poi si scopre che a organizzare il dibattito è l’Osservatorio culturale cantonale, organismo della Divisione cultura del Decs, per presentare un fascicolo che dà conto di una serie di testimonianze di operatori dei media sul trattamento e il ruolo dei contenuti culturali nei diversi mezzi di informazione. Operatori legati ai principali ‘motori’ di diffusione e produzione culturale del nostro territorio, dai giornali all’Usi fino appunto al Dipartimento, rappresentato dalla sua responsabile, Marina Carobbio Guscetti e della capo-divisione Cultura e Studi Univesitari Raffaella Castagnola Rossini.
Carobbio specifica subito che l’occasione si presta anche per annunciare che il Consiglio di Stato ha licenziato mercoledì due messaggi specifici di revisione della legge cantonale sulla cultura inviati in esame al Parlamento. Poi Castagnola svela la creatività e autoironia del suo staff dandogli il merito di aver inventato il titolo dell’incontro (‘20 di cambiamento’) come gioco di parole che si riferisce al fatto che il fascicolo dipartimentale in questione, quello su ‘Media e cultura’, è il numero 20 di una collana di contributi e studi dipartimentali dalla misteriosa circolazione e distribuzione, ma senza dubbio innovativa. Così, si scopre finalmente che gli invitati alla tavola rotonda, moderata dal direttore delle Biblioteche cantonali Stefano Vassere, sono tutti referenti e contributori del fascicolo (oltre che tutti, rigorosamente, uomini, è stato fatto notare): Gabriele Balbi, docente dell’Usi, Aldo Bertagni, ex-collaboratore personale dell’ex-Consigliere di Stato Manuele Bertoli, Lorenzo Erroi, capo Dipartimento Cultura e Società della Rsi, Paride Pelli, direttore del Cdt e Carlo Silini, direttore di Azione hanno ciascuno, per una decina di minuti, chiosato gli interventi pubblicati, con alcune considerazioni fra il generale e lo specificamente attinente il proprio particolare ambito di competenza. Un rosario di questioni piuttosto note, che stanno – come spesso accade quando si parla di cultura – fra la denuncia generica delle sfide e delle difficoltà (poste, in particolare, dalla rivoluzione digitale) e l’enunciazione di meriti acquisiti o di buoni propositi.
Così, si è sentito Paride Pelli sottolineare l’importanza delle firme delle pagine culturali del suo giornale, rievocando curiosamente collaboratori tutti scomparsi da tempo (da Eco a Sciascia, a Biagi), mentre per Silini è parso importante sottolineare come il suo settimanale (eredi di Duttweiler permettendo) continui a essere un medium cartaceo che dedica almeno metà delle sue pagine a temi culturali, quando mediamente i mezzi di informazione affidano alla cultura circa l’8% dei loro spazi. Nell’inevitabile capitolo delle minacce incombenti, ha aleggiato naturalmente la questione dei tagli alla cultura così come quella relativa al finanziamento a sostegno dei giornali, oltre che la famigerata iniziativa dei 200 franchi bastano, che grava sul servizio pubblico radiotelevisivo e che non ha potuto evitare di evocare Erroi. Insomma, siamo in piena crisi, che, per dirla con Silini, più che del giornalismo culturale è, propriamente, del giornalismo tout court. Ça va sans dire, avrà certamente pensato (ma non detto) il Direttore del Corriere.
Lo spazio dedicato al dibattito e alla discussione aperta alla cinquantina di presenti, ha caricato di ulteriori temi cruciali il già greve e gravato dibattito, così che, alla fine delle due ore, con sollievo, ci si è congedati all’insegna del “continuiamo a parlarne prendendoci un caffè”, che, come forse è fatale che accada, lascia un po’ tutto in sospeso, senza risposte, senza un solo progetto concreto. Eppure, verrebbe da dire, qualche possibilità di chiamare in causa, ad esempio, un’iniziativa come quella dell’Associazione nazionale CH-Intercultur, poteva rappresentare un momento propositivo di confronto con un progetto, nazionale appunto, che si indirizza specificamente al riconoscimento del giornalismo culturale dentro il contesto della prossima ‘Legge sulla Cultura’ che sarà discussa (ma che già ha subìto tagli) in sede di Consiglio nazionale a Berna il prossimo autunno. Se ne parlerà certamente in una prossima occasione. Basta pazientare e augurarsi che nel frattempo i tagli non colpiscano anche l’agenda delle tavole rotonde.