Premio Strega al romanzo ‘L’età fragile’ di Donatella di Pietrantonio, in un evento televisivo che vorrebbe spettacolarizzare quel che spettacolare non è
Al Ninfeo di Villa Giulia, classica cornice da museo etrusco, giovedì sera. Come ogni anno, la Rai ha diffuso in diretta la cerimonia di assegnazione dello Strega, il più celebre e forse rilevante, per storia ma anche per rendita in vendite assicurate, fra i premi letterari italiani. Una cerimonia vera e propria, con il consueto rituale della conta dei voti davanti a una platea di scrittori, operatori editoriali di vario genere, per lo più votanti e sponsor di uno o dell’altro dei finalisti, in un clima greve e annoiato da salotto romano di mezza estate.
Ad animarne (si fa per dire) il rituale alquanto consunto, la presenza delle telecamere della Rai, con due conduttori non propriamente a loro agio: Pino Strabioli (che, dopo aver dato un’informazione inesatta si scusa dicendo che ha letto quel che gli hanno scritto) e con la pungente ironia (per l’occasione fin troppo asciutta) la brava Geppi Cucciari, forse preoccupata, sin dall’inizio, di non doversi misurare con interlocutori ridicolmente scomodi, com’era stato il caso lo scorso anno con il Ministro della Cultura Sangiuliano. Insomma, un copione visto e rivisto, che in virtù di un certo richiamo del premio, della forza degli sponsor, delle pressioni degli editori, costringe la televisione a darne conto senza alcun entusiasmo se non quello, assolutamente finto, di voler ‘spettacolarizzare’ quel che spettacolare non è, nemmeno con la novità degli scrittori finalisti ‘vestiti’ da grandi firme della moda italiana. Un ulteriore tocco di mondanità che ha solo e semplicemente amplificato la vacuità dell’operazione televisiva, mostrando una volta di più come la questione di portare libri e scrittori dentro la cornice del piccolo schermo sia un’operazione difficilissima, forse impossibile, specie se affidata ad autori che pretendono di farne materia di intrattenimento come fosse un talent qualunque.
Al passo di corsa, un paio di domande a ognuno dei sei, e via alla proclamazione del vincitore, anzi, della vincitrice, ampiamente annunciata dalle previsioni della vigilia: e dunque onore a Donatella Di Pietrantonio, che con il romanzo ‘L’età fragile’, edito da Einaudi, ha ottenuto 189 preferenze da parte dei 644 votanti, staccando nettamente Dario Voltolini e il suo ‘Infernale’ (La Nave di Teseo), con 143 voti, e Chiara Valerio, che ha ottenuto 138 voti per il suo romanzo ‘Chi dice e chi tace’ (Sellerio). Più staccati gli altri tre finalisti: Raffaella Romagnolo con ‘Aggiustare l’Universo’ (Mondadori), Paolo di Paolo con ‘Romanzo senza umani’ (Feltrinelli) e Tommaso Giartosio con ‘Autobiogrammatica’ (minimum fax).
Già fresca vincitrice dello ‘Strega giovani’, Donatella Di Pietrantonio pare destinata a essere omaggiata a ogni suo libro e si è aggiudicata il Campiello con quello più noto e apprezzato da critica e pubblico che è ‘L’Arminuta’ (Einaudi, 2017). Una scrittrice che piace, insomma, con pieno diritto, che di mestiere fa la dentista, vive in Abruzzo e dell’aspra e spesso ostile natura della sua terra racconta nelle sue opere con indubbie qualità di ‘presa’ sul lettore. In ‘L’età fragile’ prende come spunto un fatto di cronaca realmente accaduto proprio in Abruzzo nel 1997 (un doppio femminicidio) per ritornarci sopra in termini di invenzione letteraria raccontando, in prima persona, la storia di Lucia e di sua figlia Amanda, messe a confronto con quel terribile episodio che riemerge dal passato e che ancora segna la loro vita e le tante relazioni famigliari di quel piccolo nucleo del villaggio sulle montagne del pescarese. Un tema forte, che l’autrice ha anche rivendicato come oggetto del proprio impegno di scrittrice, ma che in verità, per chi scrive qui, non trova nel romanzo una piena e originale declinazione.
Molte sono le pagine – verrebbe da dire – ‘scontate’, o superflue (in un romanzo pur breve), non poche le scelte stilistiche o le opzioni metaforiche, che non sanno letterariamente sorprendere o emozionare, nonostante la terribile materia trattata. Capitoli brevi, che scorrono nel ritornare sui fatti del passato per dar conto di una ‘fragilità’ che, stando al titolo, avrebbe un’età (l’infanzia? L’adolescenza? La vecchiaia?), ma che nell’assunto finale del romanzo si definisce come qualcosa che accomuna tutti, in tutte le generazioni. E quindi? E quindi ha vinto lo Strega.